Ma la Confederazione non dovrebbe mettere qualche paletto a certi manager boriosi?
Certo che le ex regie federali di questi tempi non stanno rendendo un gran servizio alla cittadinanza. Ancora peggiore, però, è la figura che rimedia chi le dovrebbe controllare: ovvero la politica, e meglio il Consiglio federale, ed ancora meglio il Dipartimento dei trasporti e delle telecomunicazioni guidato dalla ministra uregiatta Doris Leuthard.
Le “malefatte”
L’elenco delle recenti “malefatte” di Posta, FFS e Swisscom è lungo e non stiamo qui a ripeterlo per intero. Dato di fatto è che, almeno nel caso di Posta e Swisscom, ci troviamo davanti ad aziende che realizzano utili per centinaia di milioni, quando non di miliardi (Swisscom nel primo semestre del 2016 ha registrato 800 milioni di utili) che però tagliano servizi, posti di lavoro e/o appioppano nuovi costi all’utenza.
La Posta intende chiudere 600 sportelli tra il 2017 ed il 2020, un’operazione che interesserà anche 1200 lavoratori. La politica si è limitata ad invitare a procedere in modo “ragionevole” (ci sarebbe anche mancato che invitasse all’irragionevolezza): decisamente poco, e vago. E poi? Campo libero. Ed infatti si è ben presto scoperto – non ci voleva la sfera di cristallo per arrivarci – che il Gigante Giallo per raggiungere i propri obiettivi non si limiterà ad utilizzare le normali fluttuazioni di personale, ma licenzierà anche. E’ “ragionevole” che un’azienda, interamente di proprietà della Confederazione, e che già realizza ogni anno almeno 700 milioni di utili, licenzi, tagli servizi ed aumenti le tariffe?
Attaccarsi a tutto
E che dire della Swisscom che in passato conviveva con la Posta sotto il cappello delle “gloriose” PTT? Annuncia che riverserà sull’utenza che va a pagare le bollette in Posta, a partire dal prossimo febbraio, la tassa che l’ex gigante giallo riscuote sull’operazione. Swisscom, come detto, nei primi 6 mesi dell’anno ha fatto 800 milioni di utili. Ha davvero bisogno di attaccarsi anche alle bollette di pagamento per incassare ancora di più? Ha davvero bisogno di imporre, agli utenti che non vogliono versare la nuova “cresta” sui pagamenti in posta, di saldare le bollette online, il che significa penalizzare chi a queste modalità di pagamento non ha accesso (o non è avvezzo)? Evidentemente no.
Anche la RSI…
E visto che in casa della RSI non si poteva stare indietro, ecco che anche da quelle parti si annuncia che dal 2020 il secondo canale televisivo sarà deportato sul web. Ciò significa che per avere accesso al servizio pubblico gli utenti italofoni – e solo loro visto che nelle altre regioni linguistiche non è prevista alcuna evoluzione (?) analoga – oltre al canone più caro d’Europa, dovranno pagare anche il collegamento internet. E magari cambiare pure il televisore. Sempre di poterlo avere, il collegamento internet: perché la banda larga, come sappiamo, non è presente ovunque nel Paese.
Il proprietario tace?
Davanti a situazioni del genere, è normale che il proprietario, ossia il Consiglio federale ed in primis il dipartimento Leuthard (che guarda un po’ dovrebbe avere la supervisione su FFS, Posta, Swisscom e SSR) non faccia un cip? L’azionista unico (o di maggioranza) che è anche garante del servizio pubblico, non dovrebbe mettere qualche paletto ai dirigenti delle ex regie federali che giocano a fare i grandi manager sulla pelle di dipendenti ed utenti? Forse perché – come maligna qualcuno – per questi direttori generali dall’ego a mongolfiera è molto più trendy riempirsi la bocca con le app, il web e le nuove tecnologie, invece di pensare alla consegna delle lettere e dei pacchi?
Soldi che fanno comodo
In queste condizioni è ovvio che il silenzio non è un’opzione, nel senso che la politica non si può chiamare fuori. Tacere può voler dire solo due cose: o si sta dormendo, oppure si condivide lo smantellamento. E, a voler pensar male, si potrebbe immaginare che la condiscendenza bernese derivi dal fatto che al Consiglio federale gli utili delle ex regie federali fanno molto comodo. Per spenderli a piacimento.
Lorenzo Quadri