Le elezioni si avvicinano e le prese per i fondelli si moltiplicano
L’avvicinarsi delle elezioni federali sta provocando un’ondata di improbabili conversioni all’euroscetticismo da parte di chi, fino all’altro giorno, diceva ben altro. Poiché simili tentativi di raggiro vanno sbugiardati, è opportuno rimettere la chiesa al centro del villaggio.
Nel PS ci sono esponenti che, già dopo la randellata incassata in aprile alle elezioni cantonali, hanno tentato un maldestro salto dalla quaglia sulla questione europea. Ma il partito socialista, l’adesione della Svizzera all’UE se la ritrova addirittura nel programma – assieme all’abolizione dell’esercito e al “superamento del capitalismo”. Il PS ha sistematicamente denigrato come populisti, xenofobi, razzisti e fascisti gli avversari della libera circolazione delle persone. Ha condotto, anche appoggiandosi ai sindacati di sinistra – che comandano in casa socialista – una virulenta campagna contro il 9 febbraio. Finanziata, va da sé, dai sindacati. Che hanno usato, allo scopo, i soldi degli affiliati. Ossia dei lavoratori esposti al mobbing e al soppiantamento con frontalieri e padroncini provocato dalla libera circolazione. Tale virulenta campagna si è svolta sia prima che dopo la votazione. Vedi gli appelli al “voto da rifare” da parte dell’allora presidente del governo ticinese Manuele Bertoli nell’allocuzione ufficiale del primo agosto 2014. Solo un’opinione personale? Certo che no. Quella del voto da rifare è la posizione del partito socialista, espressa in svariate occasioni dalla presidenza nazionale.
PPD
Anche in casa PPD c’è chi, con zelo e tempistica assai sospetta, ora si straccia le vesti per mostrarsi euroscettico e rispettoso della volontà popolare ticinese. Giravolte a bassa credibilità. Rappresentanti di primo piano del PPD sono infatti entrati nei comitati anti-9 febbraio finanziati dal miliardario residente negli USA. Per contro, nessun popolare democratico – malgrado gli inviti ci siano stati eccome – ha accettato di entrare nel comitato (partiticamente trasversale) contro l’adesione strisciante all’UE. Visto che questo non bastava, il presidente nazionale PPD ha pensato bene di dichiarare che Widmer Schlumpf deve rimanere in Consiglio federale poiché “ha lavorato bene”. Quindi: no al 9 febbraio, sì a Widmer Schlumpf. Se con questo programma il PPD pensa di conquistare il voto ticinese…
Ex partitone
Non va certamente meglio in casa PLR. Come noto, il comitato cantonale del partito si è espresso all’unanimità contro l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, venendo poi asfaltato dalle urne. E il presidente nazionale Philipp Müller ha dichiarato che “bisogna rivotare” sui bilaterali, iscrivendo così il partito nella combriccola del sabotaggio del “maledetto voto” del 9 febbraio. Vale anche la pena ricordare che il ministro degli esteri PLR, Didier Burkhaler, oltre ad aver dichiarato che la Svizzera deve “aprirsi all’UE” (ovvero accettarne i diktat) è fautore della ripresa dinamica, ossia automatica, del diritto UE. Che significa farsi imporre le leggi da Bruxelles, alla faccia della nostra sovranità. E sempre dal Dipartimento degli esteri diretto dal PLR Burkhalter è uscita la spettacolare pensata di proporre alla presidente della direzione di Economiesuisse, Monika Rühl, l’incarico di capo negoziatrice a Bruxelles. Economiesuisse è ferocemente contraria a qualsiasi limitazione della libera circolazione delle persone, ed in particolare ai contingenti votati lo scorso anno dal 70% dei ticinesi. Non ci vuole dunque molta fantasia per immaginare in che modo la Signora Rühl avrebbe difeso a Bruxelles la volontà della maggioranza del popolo elvetico…
E chi altri, se non il capodipartimento PLR, può aver autorizzato l’ambasciatore presso l’UE Roberto Balzaretti ad uscirsene, davanti al parlamento europeo, con la balzana dichiarazione secondo cui la Svizzera sarebbe disposta a sottomettersi alla decisione della Corte di giustizia europea sul destino dei bilaterali dopo il 9 febbraio? Aggiungendo pure “non so quale altra nazione terza sarebbe stata disposta a compiere questo passo”? Risposta scontata: nessuna. Perché nessun altro Paese sguazza nella politica della capitolazione che a Berna si pratica con virtuosismo degno di miglior causa.
E vale forse anche la pena ricordare che l’altro Consigliere federale PLR, Johann Schneider Ammann, ha “congelato” (ovvero: rottamato) il pacchetto di potenziamento delle misure accompagnatorie alla libera circolazione delle persone, di cui il nostro Cantone avrebbe bisogno come del pane. Si fa dunque molta fatica a vedere nell’ex partitone un difensore della volontà espressa dal 70% dei ticinesi.
La pantomima sul casellario
Altrettanto indicativa la pantomima verificatasi dei giorni scorsi: interpellati da un giornale d’Oltralpe, improvvisamente tutti gli attuali rappresentanti ticinesi alle Camere federali si sono scoperti favorevoli alla richiesta del casellario giudiziale introdotta da Norman Gobbi. Peccato che in maggio, quando si trattò di votare in Consiglio nazionale una mia mozione contenente proprio questa misura, i due PLR si astennero mentre la rappresentante socialista votò contro. Uno dei due astenuti, interpellato da un portale ticinese, ha poi tentato di giustificare la propria goffa giravolta con scuse francamente ridicole. Chi si crede di prendere in giro?
L’imbroglio
Per il Ticino la concretizzazione del 9 febbraio e lo scardinamento della politica (in corso da anni) di adesione strisciante all’UE sono battaglie fondamentali. I giochi si fanno a Berna. Il 70% dei ticinesi non può permettersi di farsi rappresentare sotto le cupole federali da chi si trova sul fronte opposto. E vi si trova da sempre: i partiti storici, tanto per dirne un’altra, hanno sempre sostenuto a spada tratta anche i fallimentari accordi di Schengen.
E’ evidente che le conversioni di comodo all’antieuropeismo dureranno lo spazio di un mattino: quello del 18 ottobre. Il giorno dopo saranno già state dimenticate. Chi, tra gli pseudo-convertiti, sarà eletto o riconfermato, tornerà a fare quello che ha sempre fatto. Cioè il contrario di quello che ha promesso per ottenere il voto. Ma i ticinesi, per citare un noto slogan, “non sono mica scemi”.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi