Come al solito i ticinesi restano cornuti e mazziati. Le misure antidumping (per quel che contano) sono a rischio, visto che a Berna i partner sociali, sindacato e padronati, non si mettono d’accordo sulla proroga dei contratti collettivi di lavoro.
Si ricorderà che, del famoso pacchetto di potenziamento delle misure accompagnatorie alla devastante libera circolazione delle persone, che il Consiglio federale aveva concordato anche col Ticino (unico Cantone coinvolto) era rimasto in piedi solo l’inasprimento delle sanzioni per chi viola le condizioni salariali e lavorative minime dei lavoratori distaccati. Il resto era stato “congelato”, ossia gettato nel water, dal ministro dell’economia targato PLR, Johann Schneider Ammann. Colui che il Blick ha soprannominato “Leider Ammann”, ossia “Purtroppo Ammann”, per sottolinearne l’atteggiamento passivo davanti al degrado del mercato del lavoro svizzero. Leider suona infatti come il “sa po’ fa nagott”, segno distintivo di un’altra ministra del PLR: l’ex direttrice del DFE.
Leider Ammann ha bloccato il pacchetto di potenziamento delle misure accompagnatorie con scuse del piffero.

La prima fola
Una era: “finché le bocce non sono ferme sull’applicazione del 9 febbraio, non ha senso varare altre misure”. Balle di fra’ Luca. E oggi ancora più di quando l’infelice affermazione è stata proferita. Infatti la devastante libera circolazione delle persone è, a due anni di distanza dal “maledetto voto”, in vigore esattamente come prima del 9 febbraio 2014. Invasione da sud, soppiantamento dei ticinesi, dumping salariale, padroncini e distaccati in nero, concorrenza sleale, svaccamento del mercato del lavoro, e via elencando, affliggono questo sempre meno ridente Cantone allo stesso modo, anzi peggio – perché più passa il tempo, più la situazione peggiora – di due anni fa. Berna non ha fatto un tubo a tutela del Ticino. Peggio: gli ha dato contro quando quest’ultimo, su impulso dei Consiglieri di Stato leghisti, ha fatto qualche passetto per difendersi da solo: vedi la questione dei casellari giudiziali e, più di recente, l’albo antipadroncini. Visto che al momento attuale di limitazioni alla libera circolazione delle persone non ce ne sono, l’urgenza di trovare dei correttivi, indipendentemente dal processo di concretizzazione del 9 febbraio, rimane.

La seconda fola
L’altra era: “con il franco forte non vogliamo porre ulteriori limitazioni…”. Ma bravo Leider Ammann, qui ci vuole un premio Nobel per l’economia. Il franco forte non fa che acuire il dumping salariale, infatti permette ai frontalieri di accettare paghe ancora più basse, rifacendosi poi sul cambio, di modo che il loro potere d’acquisto nel Belpaese rimane immutato. Quindi il franco forte dovrebbe semmai essere un motivo per potenziare ulteriormente il pacchetto di misure accompagnatorie, non certo per sabotarlo.

Logica del meno peggio
Sulla reale utilità delle misure accompagnatorie, naturalmente, si può discutere a lungo. Certo non risolvono granché. Vanno sostenute in una logica di meno peggio: per poco che servano, sono sempre meglio di niente. Una delle poche cose giuste dette da Leider Ammann è la seguente: “per sostenere il mercato del lavoro serve una serie di misure, che magari prese singolarmente possono anche avere portata modesta, ma che messe assieme sono efficaci”. Peccato che poi di questa “serie di misure” il ministro dell’economia PLR non ne prenda nemmeno mezza. E visto che, davanti all’incapacità dei partner sociali di trovare un accordo sulla questione del rafforzamento dei contratti collettivi, a dover decidere (?) sarà ancora Schneider Ammann, c’è poco da stare allegri.
Lorenzo Quadri