Di recente, durante l’assemblea generale del sindacato interprofessionale Syna a Domodossola, è emersa – ma guarda un po’ – l’importanza del frontalierato per l’economia locale.
In particolare a Domodossola ci sono circa 1’000 frontalieri, a fronte di 7’000 nuclei familiari, cui bisogna aggiungere tutti i pensionati che hanno lavorato in Svizzera. Ciò ha fatto dire agli astanti che “una famiglia su sette vive grazie ai frontalieri”. Nota bene: non “grazie al Ticino”; “grazie ai frontalieri”.
Classico esempio di mistificazione!
Ecco cosa avrebbero invece dovuto dire a Domodossola:
“Una nostra famiglia su sette (in realtà sono anche di più…) vive grazie al Ticino. Con la libera circolazione delle persone, i politicanti della partitocrazia PLR-PPD-P$ hanno sbattuto fuori dal mercato del lavoro ticinese migliaia di loro concittadini, per fare spazio ai frontalieri. Ringraziamo gli svizzerotti ed i loro politicanti per tanta generosa abnegazione, che va al di là delle nostre più rosee aspettative. Mandare in malora i “loro” per fare spazio “ai nostri”: non succede da nessun’altra parte del mondo. A ruoli invertiti, noi italiani avremmo già sprangato le frontiere. Gli svizzerotti non solo non lo fanno, ma addirittura ci versano ogni anno 84 milioni di Fr di ristorni, che possiamo utilizzare a nostro piacimento invece che per gli scopi a cui sono destinati: ci pare un sogno! Ringraziamo il Cielo per averci dato simili vicini. E se poi qualcuno al di là del confine dovesse alzare la cresta, ci basta strillare al razzismo ed il gioco è fatto. Nel ringraziare i ticinesi per tanta generosità, li invitiamo a continuare a votare il triciclo PLR-PPD-P$$: così la manna per le nostre regioni è assicurata. Certo, a spese dei ticinesi; ma questo non è mica un problema nostro. Se poi pensiamo che il triciclo PLR-PPD-P$, pur di garantire il benessere delle regioni italiane della fascia di confine, è riuscito a gettare nel water la preferenza indigena votata dai suoi stessi concittadini, proponiamo di erigere nella piazza principale un triciclo di marmo come tangibile segno della nostra eterna riconoscenza”.
Lorenzo Quadri