Quando i legulei del Tribunale federale adattano le regole alle proprie convinzioni

Le sentenze dei legulei del TF, piazzati dalla partitocrazia in base ad una pura logica di spartizione delle cadreghe, comportano spesso (troppo spesso) un danno per il Paese. C’è da chiedersi in quale altra nazione si verificano situazioni analoghe. Alla scorsa estate risale la decisione sul caso UBS. La banca è stata condannata a trasmettere alla Francia i dati di 40mila clienti francesi. E’ evidente che la richiesta costituiva una cosiddetta fishing expedition, ovvero di una richiesta di nominativi a casaccio. Quel tipo di procedura che il legislatore svizzero non ha mai autorizzato. Però il TF l’ha decisa lo stesso. Contro la volontà del parlamento e contro gli interessi nazionali. E’ evidente che simili sentenze del piffero creano un precedente e danneggiano la piazza finanziaria. Ovvero, creano ulteriori disoccupati. Ma tanto i legulei del TF hanno il lauto stipendio statale garantito per cui, chissenefrega!

Contro gli interessi pubblici

Nel caso UBS – Francia, il TF ha emesso una sentenza manifestamente contraria alla volontà del legislatore, senza farsi troppi problemi.

Più di recente, in un ambito del tutto diverso, ecco che anche l’approccio cambia a 180 gradi! Due pesi e due misure!

Nelle scorse settimane la Corte di Losanna è riuscita infatti ad accordare ulteriori prestazioni a vantaggio dei migranti economici. Naturalmente il conto lo paga il solito contribuente svizzerotto, quello “chiuso e gretto”.

Il caso riguarda un asilante in arrivo dal Ciad che ha ottenuto nel 1994 lo status di rifugiato e dal 2005 riceve una rendita AI. Non si sa a quale titolo (magari mal di schiena? O “motivi psichici”?). A noi, che notoriamente siamo beceri populisti e razzisti, viene il dubbio che qualcuno abbia trovato alle nostre latitudini “ul signur indurmentàa”. E non è finita. Perché nelle scorse settimane il TF ha riconosciuto che due figlie del rifugiato africano, nate da una sua relazione extraconiugale e residenti in Francia con la madre, hanno diritto alla partecipazione alla rendita complementare (PC) all’AI di cui beneficia il genitore. Malgrado non vivano in Svizzera. Ah, ecco! Avanti, manteniamo tutti! Anche all’estero!

Ovviamente la sentenza è destinata a fare giurisprudenza e ad aprire un nuovo filone di spesa sociale a vantaggio di cittadini stranieri. Già la spesa sociale ammonta a 175 miliardi di franchi (cifra del 2017) – quanti di questi soldi vanno a beneficio di stranieri? – mentre in Ticino gli stranieri in assistenza costano 50 milioni all’anno; cifra raddoppiata nel giro di soli 8 anni (dal 2010 al 2018).

Arrampicate sui vetri

Il colmo è che esiste un apposito decreto federale (emesso dal Consiglio federale, quindi dal governo) il quale stabilisce che i figli degli asilanti hanno diritto alla partecipazione alle PC dei genitori solo se risiedono in Svizzera. La situazione dovrebbe essere di una chiarezza evidente. Invece no! Con un’arrampicata sui vetri che nemmeno spiderman, i legulei del TF se ne escono a dichiarare che non ci sono indicazioni che il parlamento (!) abbia voluto stabilire delle eccezioni per i figli degli asilanti. E quindi vale la convenzione di Ginevra in base alla quale tutti devono avere il medesimo accesso alle prestazioni sociali. E nümm a pagum!

Di conseguenza, chi scrive nei giorni scorsi ha presentato una mozione (naturalmente ignorata dalla stampa di regime) che chiede di creare la base legale formale per l’eccezione, visto che il decreto non basta. Ci manca pure di dover versare prestazioni sociali anche ai figli degli asilanti che vivono all’estero. Vedremo chi avrà il coraggio di dire sostenere il contrario!

Quando fa comodo…

Certo che fa decisamente specie che i legulei dei TF siano, in certi casi, così attenti alla separazione dei poteri. Proprio loro che, quando fa comodo, si arrogano il diritto di modificare le leggi secondo la propria ideologia. Scandalosa frottola del Mattino populista e razzista?

No di certo. Che le cose stanno come da tempo scriviamo, lo dicono gli stessi giudici di Mon Repos. O per lo meno alcuni di essi. Durante un dibattimento pubblico a proposito di un ricongiungimento familiare di parenti di un cittadino Kosovaro (naturalmente autorizzato a maggioranza, e nümm a pagum), un magistrato di opinione diversa ha infatti dichiarato – lo ha riportato Moreno Bernasconi in un articolo pubblicato di recente sul Corriere del Ticino – che “a piccoli passi si sta perseguendo l’obiettivo di avvicinare la legislazione alle proprie convinzioni” (sottointeso: convinzioni buoniste-coglioniste e spalancatrici di frontiere). Il giudice ha parlato apertamente di “giustizia politica” e di “violazione della separazione dei poteri”.

E naturalmente il solito sfigato contribuente deve continuare a subire le conseguenze delle sentenze emesse da legulei partiticizzati i quali mirano “ad avvicinare la legge alle proprie convinzioni”. Che pena!

Lorenzo Quadri