In assenza del “pass”, il governicchio federale ci manderebbe direttamente in lockdown
Il 28 novembre voteremo, per la seconda volta in pochi mesi, sulla legge covid. Questo perché la legge, come la pandemia da stramaledetto virus cinese, si evolve.
Il 13 giugno abbiamo votato sulla legge nella sua versione del 25 settembre 2020, che è stata approvata dal popolo con il 60% dei consensi. Il 28 novembre voteremo sulle modifiche apportate dal parlamento nel marzo 2021, essendo state anch’esse referendate.
Cosa prevedono queste modifiche? Si tratta in gran parte di misure positive: ovvero, estensione degli aiuti finanziari alle imprese che hanno dovuto interrompere l’attività o hanno subito delle gravi diminuzioni di cifra d’affari; estensione delle indennità di perdita di guadagno ai lavoratori indipendenti; estensione delle indennità di lavoro ridotto per evitare licenziamenti; indennità supplementari di disoccupazione. Al governicchio federale viene inoltre prescritto di ridurre al minimo le restrizioni alle attività economiche e sociali. E avanti così.
Di tali aspetti, che sono poi la parte principale della legge, i referendisti non parlano. Si focalizzano invece su quello che è il pomo della discordia: il cosiddetto covid pass, anch’esso contenuto nella legge.
Il “meno peggio”
Sul covid pass se ne sono sentite e se ne sentono di tutti i colori, sia in Svizzera che all’estero. L’argomento è così divisivo che, qualsiasi cosa si dica, si scontenta metà della popolazione. Tuttavia una posizione in proposito bisogna pur prenderla (troppo facile lavarsene le mani e suggerire di votare scheda bianca). La nostra è la seguente.
Il covid pass non ci sta per nulla simpatico. Meno dura, meglio è. Tuttavia, in una logica del “meno peggio” – l’unica possibile in questi disgraziati anni pandemici – il green pass è meno peggio del confinamento, o lockdown che dir si voglia. Con l’inverno, così come accaduto lo scorso anno, i contagi sono destinati a salire e non stiamo a ripetere per l’ennesima volta il perché ed il per come. Il tasso di vaccinazione svizzero, malauguratamente, rimane troppo basso. La Danimarca, con il 75% di persone immunizzate, il green pass l’ha tolto già da settimane.
Se gli ospedali tornano sotto pressione, cosa fa il governicchio federale? Se non c’è il green pass, torna a chiudere ristoranti, bar, palestre, cinema, teatri, eccetera. E’ già successo due volte. E se qualcuno immagina che un altro lockdown, il terzo, sarebbe impossibile, ha fatto male i conti. Il consiglio federale è ostaggio della $inistra chiusurista.I media mainstream, a partire dall’emittente di sedicente servizio pubblico, sono chiusuristi. Sicché partirebbero lancia in resta, in tandem con la classe medica, col lavaggio del cervello e con lo spiattellamento quotidiano di scenari apocalittici per convincere il popolazzo che “bisogna chiudere tutto”. Cose già viste. E le chiusure arriverebbero.
Quindi le opzioni sono due:
- Al ristorante, al bar, in palestra, eccetera ci può andare chi è vaccinato, guarito o testato negativo, ovvero chi ha il green pass; oppure
- In queste strutture non ci va nessuno, perché vengono chiuse un’altra volta. E, come abbiamo ormai imparato, un lockdown non dura due settimane. Dura come minimo QUATTRO MESI.
L’alternativa sono le chiusure
Abrogare la possibilità del green pass significa passare direttamente al lockdown, che oltretutto costa miliardi del contribuente, senza opzioni intermedie.
Piuttosto che un nuovo confinamento, è meno peggio il pass covid, che permette a chi è vaccinato di condurre un’esistenza più o meno normale. Del resto, visto che si parla di divisioni, la si può mettere anche in questi termini: non è corretto che la maggioranza dei cittadini, che è vaccinata, sia costretta ad affrontare ed a finanziare un nuovo lockdown a causa della minoranza che non si vuole vaccinare.
Confinamento per tutti?
Abolendo il green pass si ristabilirebbe forse l’eguaglianza. Ma questa “uguaglianza” non comporterebbe la libertà per tutti, bensì il confinamento per tutti.
Anche esercenti, gestori di palestre, di cinema, di teatri eccetera dovrebbero pur convenire che è meglio rimanere aperti con il covid pass piuttosto che chiudere baracca. A meno che qualcuno preferisca ricevere l’ordine di chiusura dal governicchio federale e poi farsi indennizzare con soldi del contribuente.
In ogni caso, anche votando no il 28 novembre, il pass covid resterebbe in vigore fino al marzo 2022 (la legge dura un anno).
Se passa il no
Quindi, in caso di no il 28 novembre, accadrebbe quanto segue:
- Il green pass resterebbe comunque in vigore fino al prossimo marzo;
- Gli aiuti supplementari votati nel marzo 2021 decadrebbero a partire dal marzo 2022, mettendo in difficoltà vari lavoratori e settori economici.
- Assieme agli aiuti decadrebbe anche la prescrizione al Consiglio federale di limitare al minimo le restrizioni alle attività economiche e sociali: quindi, paradossalmente, niente green pass, ma mano libera alle politiche chiusuriste!
Chi vuole il “liberi tutti”…
In caso di no il 28 novembre, dunque, solo a partire dal marzo del prossimo anno il governicchio non potrà più prevedere il covid pass. Se il pass svizzero non ci sarà più, tuttavia, chi vuole o deve andare in un Paese estero dove tale documento è richiesto si troverà in difficoltà.
Per quanto antipatico, il pass è l’unica difesa che abbiamo contro altri lockdown.
Perché i lockdown – come pure l’obbligo di mascherine, il distanziamento sociale, e compagnia cantante – non si basano sulla legge covid. Si basano sulla legge sulle epidemie. Quindi una legge diversa. Che resterà in vigore indipendentemente dall’esito della votazione del 28 novembre.
Chi vuole la libertà, dunque, invece di referendare la legge covid – e quindi gli aiuti all’economia ed ai lavoratori – dovrebbe semmai lanciare un’iniziativa popolare per abrogare la legge sulle epidemie. Che però è stata approvata dal popolo il 22 settembre 2013.
Lorenzo Quadri