La casta vuole infilare le mani in tasca al cittadino e pure

imporgli quali film vedere

Tra i tre temi federali in votazione il prossimo 15 maggio figura anche la nuova legge sul cinema. Per il suo tramite, la casta vuole imporre le proprie scelte al cittadino, ed in più mungergli soldi – seppur indirettamente – per finanziare ad innaffiatoio gli amici degli amici.

E’ lo stesso principio che stava dietro ai nuovi sussidi alla stampa di regime, asfaltati alle urne lo scorso 13 febbraio.

Morto che cammina

Questa volta, a finire nel mirino tassaiolo e costrittivo sono le piattaforme che offrono film in streaming previo il pagamento di un abbonamento (la Netflix di turno, per intenderci).

Piaccia e non piaccia alla partitocrazia, la televisione del futuro (anche del presente) è questa. La TV generalista della SSR è un relitto del passato. Un morto che cammina. E che costa miliardi. Le nuove generazioni non si fanno più imporre un palinsesto. Se lo assemblano su misura: guardano quello che vogliono, quando vogliono.

Nuovi obblighi

I tempi cambiano; la mentalità clientelare dei politicanti no. Sicché con la nuova legge sul cinema si vogliono obbligare le “imprese che offrono film in Svizzera tramite servizi elettronici su richiesta o in abbonamento (…) a garantire che almeno il 30% dei film sia costituito da film europei”.

Queste stesse imprese dovranno inoltre “destinare ogni anno almeno il 4% dei loro proventi lordi alla creazione cinematografica svizzera indipendente o versare una tassa sostitutiva”.

Cittadini sotto tutela

La prima pretesa (almeno 30% di film europei) è una boiata manifesta. Tra gli utenti di questi “servizi elettronici” la richiesta di film del Vecchio Continente è circa del 12%.

La politichetta pretende ora di imporre una quota del 30%, malgrado non ci sia affatto una richiesta in tal senso.

Un po’ come imporre per legge alle librerie di vendere il 30% di libri europei. O ai ristoranti italiani di proporre il 30% di menù francesi.

Altrimenti detto: i soldatini della partitocrazia eurolecchina pretendono di decidere cosa i cittadini devono guardare.

Ovviamente l’incremento artificioso della quota di film europei control’interesse del pubblico andrebbe a danno di pellicole provenienti da altre parti del mondo, che invece interessano ma che verrebbero tolte dal catalogo per raggiungere la percentuale obbligatoria.

Oltretutto l’unico criterio è l’origine geografica. Nulla si dice a proposito della qualità. Di conseguenza, ciofeche europee potrebbero soppiantare prodotti di elevata qualità in arrivo da altri continenti, e questo per imposizione legislativa. Ben si capisce che è una cappellata. Il cittadino, che paga gli abbonamenti per i servizi streaming, non è più nemmeno libero di guardare quello che gli pare e piace senza che la partitocrazia ci metta il becco!

Nel Diktat del 30% di film europei sembra inoltre di percepire un nonsoché di razzista e xenofobo. Non fosse che la partitocrazia triciclata è al di sopra di ogni sospetto, vero?

Quali risultati?

La seconda pretesa (tassa del 4% per foraggiare la cinematografia svizzera) è evidentemente un regalo della politica ai cineasti. Anche in questo caso, regalo slegato da qualsiasi requisito di qualità o di apprezzamento di pubblico.

Certo, altri paesi europei già conoscono regole simili. Ma l’imposta è del 2% e non del 4%.

Al proposito, vale la pena ricordare che il cinema svizzero già riceve annualmente oltre 120 milioni di franchetti di sussidi. Con quali risultati? In media un film elvetico viene visto al cinema da 2600 persone. Sono uno o due all’anno i film rossocrociati che riescono a portare più di 100mila persone davanti al grande schermo. In streaming, i film svizzeri non se li fila nessuno.

Couchepin dixit

Pascal Couchepin – che è un liblab e non un becero leghista – quando era ministro della cultura, coraggiosamente dichiarò che l’ente pubblico non può continuare a finanziare film contro il gusto e contro gli interessi del pubblico. Ovviamente si prese gli strali degli intellettualini, che gli diedero del bifolco. Ma non sbagliava. Con il nuovo prelievo fiscale la casta vuole creare ulteriori piani occupazionali nell’ambito della cinematografia, distribuendo milioni a pioggia.

E oltretutto distribuendoli ad un solo settore, in modo discriminatorio: le produzioni di film da parte di televisioni private, infatti, non riceverebbero un copeco.

Niente di strano che siano soprattutto i kompagni a sostenere un simile programma: la maggior parte dei cineasti è di $inistra, sicché… avanti con il clientelismo ro$$overde!

Abbonamenti più cari

Su una cosa occorre essere in chiaro. I soldi utilizzati per un simile programma non ce li mette la Netflix di turno. La tassa del 4% verràribaltata sugli utenti. Quindi i costi degli abbonamenti saliranno.

Per fare un paragone: è come se ogni libro pubblicato da un grosso gruppo editoriale e venduto in Svizzera venisse gravato da un sovrapprezzo per finanziare scrittori elvetici che non legge nessuno.

Ricordiamo inoltre che in Ticino i kompagni volevano mettere le mani nelle tasche dei cittadini per incrementare i finanziamenti all’Orchestra della Svizzera italiana.

Il modus operandi è sempre il medesimo, e di $inistra. Ed il sedicente “centro” PLR-PPD si accoda!

Fino a quando?

Secondo le intenzioni della partitocrazia, gli utenti dei servizi streaming vanno tassati per sussidiare produzioni che non guardano. Quando già pagano il canone più caro d’Europa per finanziare la SSR che non guardano.

Fino a quando la politica pretenderà che il cittadino foraggi prodotti audiovisivi che non consuma perché la partitocrazia “deve” sostenere gli amichetti, con i soldi degli altri?

Le proposte della cinematografia svizzera, se valide, trovano finanziamenti privati e sbocchi di mercato. Senza bisogno di nuove tasse.

Lorenzo Quadri