E’ assalto a Fort Apache
Eppure, per fermare l’invasione, non si prendono neppure quei provvedimenti che potrebbero essere messi in vigore anche in regime di devastanti accordi bilaterali
Per la serie “chi l’avrebbe mai detto” ecco che ci si accorge che in Ticino c’è un’emergenza padroncini. Ma come, non dovevano essere tutte frottole della Lega populista e razzista? Invece, come spesso – anzi quasi sempre – accade, non si trattava di frottole, bensì di previsioni dimostratesi poi esatte. Nei giorni scorsi perfino sulla Regione, in materia di padroncini, si parlava di “assalto a Fort Apache”. Strano, quando lo diceva la Lega si trattava di inaudito attacco xenofobo.
Fatto sta che le notifiche dei distaccati, padroncini e compagnia bella, come abbiamo avuto più volte modo di sottolineare, lo scorso anno erano oltre 21mila, per l’esattezza 21’313. Avanti di questo passo e le notifiche nel 2013 saranno oltre 25mila.
Ovviamente queste cifre sono quelle ufficiali – quindi comprendono solo il dichiarato.
Quello che lascia basiti è che, davanti a numeri di questo genere, non vengono prese delle contromisure degne di questo nome. Né a livello cantonale, e nemmeno a livello federale. Al massimo ci si inventa qualche cerottino sottoforma di misura di accompagnamento. Questi cerottini equivalgono più o meno al tentativo di arginare un fiume in piena servendosi di un ramoscello.
Alcune possibilità
Rimane intatta la possibilità, per l’indipendente in arrivo da oltreconfine, di annunciarsi tramite notifica che può essere inoltrata semplicemente per posta elettronica. Ciò è del tutto assurdo se si considera che qui ci sarebbe l’opportunità di ostacolare fattivamente l’invasione. Le “piste” non mancherebbero, a fare uso di un po’ di fantasia. Si potrebbe pensare all’obbligo, per la ditta o artigiano estero che vuole lavorare in Ticino, di produrre una serie di documenti attestanti il versamento di imposte ed oneri sociali. Ma anche all’obbligo di iscriversi ad appositi albi (come avviene nella vicina Penisola, che prescrive l’ iscrizione alla cassa edile, procedura lunga e macchinosa).
Ma si può e si deve anche parlare del deposito di sostanziose cauzioni.
Poi c’è l’aspetto dei controlli da potenziare, che presuppone l’aumento degli ispettori, che a sua volta presuppone che queste figure professionali vengano pagate. A parte il fatto che gli ispettori si autofinanziano ampiamente con le multe comminate, chi dovrebbe pagare? La risposta è una sola: la Confederazione dal momento che ha imposto al Ticino la libera circolazione delle persone contro la volontà chiaramente espressa dai cittadini ticinesi ogniqualvolta questi ultimi hanno avuto la possibilità di votare.
C’è poi anche la questione dell’IVA: come a più riprese segnalato, mentre le ditte ticinesi la devono pagare comunque, chi arriva dalla vicina Penisola è esente se il valore della sua prestazione è inferiore a 10mila Fr. Qui c’è addirittura una palese discriminazione degli artigiani e delle imprese residenti nei confronti della concorrenza italiana. Ma pensate che il Consiglio federale intenda intervenire? Macché, e lo dice anche!
Non bisogna inoltre dimenticare i controlli di polizia in dogana, che renderebbero la vita assai più difficile a questa vera e propria invasione. Invasione che di sicuro non è destinata a migliorare, perché in Italia di lavoro non ce n’è per nessuno. Se poi un domani anche in Ticino dovesse arrivare la bolla immobiliare, e qualche segnale non proprio incoraggiante già c’è, ci sarebbe meno lavoro, ma non meno padroncini italici!
E’ vero dunque che la libera circolazione delle persone ci ha inguaiato alla grande, è però altrettanto vero che da parte elvetica non vengono prese quelle misure che sarebbero necessarie e doverose per ostacolare l’assalto al “Fort Apache” del mercato del lavoro ticinese. Misure, qui sta il punto, che sarebbero legittime anche in regime di libera circolazione delle persone.
Perché? Paura dell’UE? Menefreghismo? Voglia matta di fare i primi della classe in materia di accordi bilaterali ritenuti “indispensabili” quando in realtà non lo sono affatto?
Lorenzo Quadri