Ma come, non era un principio granitico? Solo noi ci dobbiamo sempre sottomettere?

Ma guarda un po’. Gli svizzerotti, traditi dai loro politicanti di PLR, PPD e P$$ (più partitini di contorno), non mettono limiti alla devastante libera circolazione delle persone. Come se non bastasse, i politikamente korretti strillano quando l’autorità prende dei provvedimenti per limitare l’immigrazione nello Stato sociale, che costa paccate di milioni al contribuente. Ad esempio quando il Cantone non rinnova il permesso B a dei dimoranti in assistenza. Perché “devono entrare tutti”; e ovviamente “devono” anche potersi mettere tutti a carico della collettività ticinese, “razzista e xenofoba”.

Mentre gli svizzerotti si “aprono” e si “conformano”, a Bruxelles ci si accorge che esiste il turismo sociale. E si decide di ridurlo. Al proposito, sul tavolo degli eurofunzionarietti ci sono alcune proposte – spiegate nei giorni scorsi in un articolo pubblicato sul TagesAnzeiger – che toccheranno anche noi, in virtù della devastante libera circolazione delle persone. E ci toccheranno non necessariamente in senso positivo (ammesso che diventino realtà).

Accesso all’AD

Una prima questione sollevata è quella relativa all’accesso alle prestazioni di disoccupazione.

Come noto, attualmente il cittadino UE che si trasferisce in Svizzera perché ha un lavoro (e su questa base ottiene un permesso B), se il giorno dopo l’arrivo perde l’impiego può gioiosamente mettersi a carico della disoccupazione elvetica. Basta che “dimostri” di aver lavorato in uno Stato UE per  un tempo sufficiente ad aprire un termine quadro da noi. Una regola che ha dato il via al festival degli abusi: sono infatti stati scoperti dei giri di assunzioni farlocche che servivano a far arrivare in Svizzera cittadini comunitari per poi permettere a questi ultimi di farsi mantenere dalla disoccupazione prima, e dell’assistenza poi.

Naturalmente, prima della votazione sui bilaterali, i camerieri dell’UE raccontavano che gli abusi di cui sopra erano delle ipotesi puramente teoriche, che nella realtà non si sarebbero verificati, e blablabla. Ed infatti si tratta di ipotesi così fantasiose ed irrealistiche che perfino i trombati (definizione dell’industriale radikalchic Carlo De Benedetti) di Bruxelles hanno sentito la necessità di intervenire. Sicché adesso si propone che, a chi non ha lavorato nel paese ospite per almeno tre mesi, le prestazioni di disoccupazione le debba pagare lo Stato dove lavorava prima. Non che sia chissà che stravolgimento; ma è comunque un segnale.

Disoccupazione dei frontalieri

La seconda proposta costituisce l’ennesima sberla al nostro sempre meno ridente Cantone, poiché riguarda le prestazioni di disoccupazione dei frontalieri: attualmente le paga il Paese di residenza, in futuro le dovrebbe pagare quello dove il frontaliere disoccupato lavorava. Ciò significa: per la Svizzera un importante onere finanziario, e per il Ticino un peso amministrativo in più mica da ridere. E nümm a pagum, sempre grazie alla fallimentare libera circolazione delle persone! Non basta farsi invadere dai frontalieri: in futuro dovremo pure pagargli la disoccupazione. Ovviamente i frontalieri disoccupati si iscriverebbero tutti agli URC, così da poter beneficiare delle misuricchie decise a Berna dalla partitocrazia sguattera dell’UE nell’ambito della sepoltura del 9 febbraio (altro che “preferenza indigena”!).

Esportare i senza lavoro

Non è finita: gli eurofunzionarietti vogliono favorire l’esportazione di disoccupati. I cittadini UE oggi possono cercare lavoro per tre mesi in un altro paese comunitario, a carico della disoccupazione dello Stato di residenza. Questo periodo potrebbe essere prolungato di ulteriori tre mesi. Un aiuto agli Stati con la disoccupazione alle stelle, ad esempio la vicina Penisola, nello sbolognare altrove i propri senza lavoro. Poiché anche questi cercatori d’impiego in arrivo dall’UE si possono iscrivere ai nostri URC, pure loro beneficeranno delle misuricchie decise dalla partitocrazia nell’ambito dell’affossamento del 9 febbraio per agevolare (?) gli iscritti agli uffici regionali di collocamento.

Sicché, Ticino sempre più “valvola di sfogo” per la crisi occupazionale italiana (e poi hanno il coraggio di parlare di “preferenza indigena light”? Preferenza indigena una cippa!).Grazie, partiti $torici!

Assegni per i figli

Non si vuole invece cambiare nulla in materia di assegni per i figli, che continueranno a venire versati secondo gli standard del paese dove si svolge l’attività lucrativa, anche se i figli risiedono all’estero. Attualmente, ad esempio, i frontalieri ricevono gli assegni per figli come i lavoratori ticinesi; malgrado la prole viva in Italia – con la differenza di costo della vita che ciò implica. Ancora una volta, dunque, i frontalieri sono indebitamente avvantaggiati rispetto ai residenti, e anche rispetto ai loro connazionali che lavorano in Italia. Gli assegni familiari ci sono anche nel Belpaese, ma per un ammontare decisamente inferiore.

Quando fa comodo…

Come si vede, quando fa comodo a taluni Stati membri UE le regole che reggono la devastante libera circolazione delle persone si modificano eccome. E le soluzioni creative si trovano (senza voler esprimere giudizi di valore su quanto proposto). Solo gli svizzerotti si ostinano a fare i primi della classe; a sottomettersi sempre e comunque, con infallibile ed incoercibile istinto tafazziano.

Lorenzo Quadri