Altro che divieti e climatismo, la Svizzera deve puntare all’indipendenza energetica
Dramma o non dramma in Ucraina, la smania di mettersi in mostra dei politichetti rimane invariata. Sicché una decina di giorni fa il Consiglio nazionale ha blaterato per ben sei ore, con oltre 70 interventi, sulla cosiddetta “Iniziativa per i ghiacciai”. Chiaro: il climatismo va di moda, per cui tutto fa brodo. L’iniziativa è farlocca già nel titolo: anche nella denegata ipotesi in cui venisse approvata in votazione popolare, non avrebbe alcuninflusso sui nostri ghiacciai i quali, anche se tutti i paesi del mondo dovessero rispettare gli accordi di Parigi sul clima (e sappiamo che non sarà così), entro la fine del secolo sono destinati a sciogliersi.
Accordo di Parigi?
L’iniziativa chiede che a partire dal 2050 la Svizzera non emetta quantità di gas serra superiori a quelle che possono trattenere i pozzi di assorbimento naturali e tecnici. Entro tale data vanno inoltre vietati i combustibili fossili.
Ora: non è certo un mistero che i principali produttori mondiali di CO2 dell’accordo di Parigi se ne impipano. Dopo il “famoso” vertice COP 26 tenutosi a Glasgow nel novembre 2021 è conclamato.
La Cina ha detto a chiare lettere che metterà in atto gli impegni assunti solo nel 2050 (campa cavallo), mentre nel frattempo costruirà ben 400 nuove centrali termoelettriche a carbone, il combustibile fossile più inquinante che ci sia. Dal canto suo, l’India parla di abbandono del carbone dopo il 2070. Altro che decarbonizzazione!
E noi svizzerotti, che come noto produciamo meno dell’uno per mille (!) delle emissioni globali di CO2, vorremmo varare norme draconiane ed autolesioniste, devastanti per le tasche dei cittadini, e tutto per pura ideologia? Norme che – alla faccia dei titoli truffaldini appioppati alle iniziative popolari – non salverebbero affatto i nostri ghiacciai e verrebbero invece usate dai Verdi-anguria per farsi campagna elettorale? Ma anche no!
Nelle pettole
Dai combustibili fossili proviene il 70% dell’energia che attualmente utilizziamo. Il 2050 indicato dall’iniziativa per i ghiacciai sembrerà anche lontano, ma non lo è poi tanto (a meno che il mondo non salti per aria prima per cause belliche).
La fallimentare strategia energetica 2050 dovrebbe averci almeno insegnato che non si abbandona una fonte di approvvigionamento senza prima aver trovato un’alternativa. Se la partitocrazia ed i suoi esponenti nel governicchio federale non retrocedono dalla sballata decisione di abbandonare l’atomo, da cui proviene quasi il 40% della nostra elettricità, ci ritroveremo nelle pettole. Già dal 2025 si temono blackout. Figuriamoci dopo aver spento tutte le centrali nucleari. Eppure i soldatini triciclati, imbesuiti dall’ideologia politikamente korretta, sono “de coccio” e c’è chiadesso vorrebbe rinunciare di punto in bianco a dei vettori che producono il 70% dell’energia che consumiamo. Non si tratta solo degli esponenti dei due partiti fotocopia P$ e Verdi-anguria, ma anche di parte del sedicente “centro”, ormai sempre più franato a $inistra. Il Consiglio nazionale ha infatti espresso il proprio parere negativo sull’iniziativa per i ghiacciai con una risicata maggioranza di 99 voti contro 89 e 4 astenuti. Rendiamoci conto.
Realismo invece di propaganda
E’ ora che i politicanti la piantino con la propaganda ecoisterica da tre e una cicca e facciano un bagno di realismo. Invece la direttora del DATEC kompagna Simonetta Sommaruga (P$) ed i suoi burocrati ro$$overdi rimangono abbarbicati all’uscita dal nucleare come cozze allo scoglio. I loro piani antiblackout consistono nel proporre di immagazzinare l’energia idroelettrica;il che in realtà significa spostare nel tempo il turbinamento dell’acqua nelle centrali. Piccolo problema: i produttori dovranno venire indennizzati per “immagazzinare” l’elettricità invece di venderla. L’indennizzo ovviamente si farà con soldi pubblici, ovvero: mani nelle tasche dei cittadini. Inoltre, l’energia in questione, sebbene non ancora prodotta, è già stata venduta almeno fino al 2023/2024, e le aziende elettriche non possono evidentemente recedere dagli impegni contrattuali presi.
In aggiunta – e qui ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere– la kompagna Simonetta annuncia la costruzione di nuove centrali a gas. Ah, ecco. Magari alimentate con gas russo?
Fuoco amico
Nel frattempo le associazioni ro$$overdi a tutela del paesaggio continuano ad opporsi alle centrali eoliche ed ai pannelli solari perché “deturpano” (il che è vero). Le fonti energetiche alternative (che sono in ogni caso ben lungi dal costituire un’ alternativa realeall’atomo, essendo la loro produttività nettamente inferiore) vengono così impallinate dal fuoco amico. Il che genera non pochi travasi di bile tra i politicanti della gauche-caviar, dove l’irritazione ed il nervosismo sono palpabili.
Strategia da abbandonare
La guerra in Ucraina è l’ennesima dimostrazione che la Svizzera deva puntare all’autonomia energetica. La fallimentare Strategia 2050 va dunque abbandonata, così come pure le velleitarie fetecchiate della cosiddetta iniziativa per i ghiacciai. Con la guerra in Ucraina il mondo è cambiato. Anche in materia di approvvigionamento elettrico. E, per citare la ministra degli esteri Verde (!) della Germania, “Se il mondo è cambiato, anche noi dobbiamo cambiare” (il riferimento era al piano di riarmo tedesco).
A proposito: mai nessuno, tra i politicanti del triciclo, che citi il ruolo giocato dall’immigrazione incontrollata nel consumo di elettricità e di risorse naturali in Svizzera (situazione riassumibile in: “siamo qui in troppi”). Chissà come mai, eh?
Lorenzo Quadri