I vicini a sud possono sempre fare quel che gli pare, naturalmente a scapito nostro?

Da metà dicembre la vicina Penisola ha sospeso l’applicazione dell’accordo di Dublino. In base a detto accordo, a farsi carico di un richiedente l’asilo (nella stragrande maggioranza dei casi: di un migrante economico) deve essere il paese qualificato come “sicuro” dove quest’ultimo ha depositato la prima domanda. L’accordo di Dublino fa il paio con quello di Schengen (frontiere spalancate). E’ l’altra faccia della medaglia. Ed infatti, ai tempi della votazione sugli accordi di Schengen/Dublino (giugno 2005), detto “duo pack” venne venduto al popolazzo proprio in questi termini. Spalanchiamo pure le frontiere, tanto grazie ai rinvii Dublino non corriamo il rischio di venire sommersi dai clandestini: li potremo riconsegnare tutti ai paesi a noi confinanti, dato che questi ultimi sono degli Stati sicuri. Campa cavallo! Sulla carta si possono avere tutti i diritti del mondo: se non c’è la possibilità di farli valere, non servono ad una cippa.

Di nuovo fregati

Ed infatti i rinvii Dublino hanno cominciato ben presto a ciurlare nel manico. L’Italia i compiti li ha sempre fatti  a corrente alternata. Fino all’ultimo sviluppo negativo. Che è quello citato all’inizio. Da quasi tre mesi ha sospeso l’applicazione dell’Accordo di Dublino. Così gli svizzerotti, ed in particolare i ticinesi, restano fregati. Ed oltretutto si sentono pure raccontare dai vicini a sud la favoletta che tanto i clandestini che entrano in Ticino dal Belpaese sono solo in transito. Invece, col fischio! Di quelli che vogliono restare qui ce ne sono eccome.

Sicché i vicini a sud, nel farsi gli affari propri, ci inguaiano di nuovo. E come reagiscono i bernesi? La capa della SEM, Segreteria di Stato della migrazione, scrive una letterina a Roma chiedendo cortesemente di rispettare i propri obblighi e di tornare ad applicare l’accordo di Dublino. Risposta italica: “Ma certo, provvederemo appena possibile”. Ovviamente senza indicare quando. Ed i  burocrati federali, imbambolati dal tono mellifluo, si fanno di nuovo infinocchiare! Svelti come gatti di marmo!

Quando tocca a noi…

Forse qualcuno si è dimenticato che, quelle poche volte in cui gli svizzerotti hanno osato prendere delle misure a tutela della sicurezza dei propri confini (vedi la chiusura in prova (!) per sei mesi (!) di tre (!) valichi secondari nel 2017, in parziale attuazione della mozione Pantani) i vicini a sud si sono messi a strillare improperi (razzismo, ecc) hanno convocato l’ambasciatore (uhhh, che pagüüüraaa!), sono andati a berciare a Bruxelles! Però noi dobbiamo farci andare bene la sospensione dei rinvii Dublino. Ancora una volta gli italici vicini, più furbi che belli, si fanno gli affari loro a scapito nostro e quando si tratta invece di fare la propria parte, si defilano. Gli esempi non mancano di certo. E qual è la reazione elvetica? Altri regali al Belpaese! Il Consiglio nazionale è infatti riuscito nell’eroica impresa di approvare una mozione uregiatta che chiede di permettere ai frontalieri l’utilizzo del veicolo privato per spostamenti professionali. Si tratta, come ha dichiarato la ministra delle finanze PLR Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS) di “agevolare chi assume frontalieri”, oltre che i frontalieri medesimi! Eccoli qua, i grandi statisti di PPD ed ex partitone!

Altro regalo al Belpaese: il telelavoro, che la partitocrazia vuole far ottenere ai frontalieri. La Lega ha depositato a Berna una mozione contro questa eventualità. E sono solo due casi tratti dalla cronaca più recente.

Ripristinare i controlli

Forse è ora di finirla di farsi prendere per il lato B dagli “amici” italici. Ci pare evidente che, (almeno) fino a quando Roma non torna ad applicare l’accordo di Dublino, noi dobbiamo sospendere quello di Schengen e ripristinare i controlli sistematici sul confine con il Belpaese! La Lega ha già presentato un atto parlamentare a Berna in tal senso. Del resto ci sono fior di stati membri UE che, ad ogni crisi migratoria, sospendono l’applicazione di Schengen e chiudono le frontiere. Perché mai noi dovremmo essere i soliti fessi a non farlo? Vedremo se i vicini a sud, che non applicano l’accordo di Dublino, avranno qualcosa da dire!

Anzi, già che ci siamo gli accordi di Schengen facciamo prima a disdirli direttamente! Oltre ad aver mandato in palta la nostra sicurezza, ci costano uno sproposito: basti pensare che ai tempi della votazione popolare sul tema, nel 2005, il governicchio federale aveva dichiarato che la partecipazione allo spazio Schengen sarebbe costata 8 milioni all’anno. Ebbene, nel 2010 eravamo già a 185 milioni, ossia 23 volte di più! Ma va da sé che al proposito partitocrazia e stampa di regime… citus mutus!

Lorenzo Quadri