Lo sparatore di Menznau: esempio di naturalizzazione facile
La sparatoria di Menznau (Lucerna) solleva un problema di non poco conto.
Che non è quello, evidenziato voluttuosamente ed a fini di strumentalizzazione politica dalla $inistra e dagli organi d’informazione che la spalleggiano, RSI in testa, delle armi legali detenute in Svizzera.
Infatti lo sparatore si è procurato in modo illecito la pistola utilizzata per il proprio crimine. Che non è una pistola militare. Quindi non c’è alcun appiglio reale per puntare il dito contro le armi legalmente custodite al proprio domicilio dagli onesti cittadini, con l’obiettivo di abolire l’arma d’ordinanza in casa e quindi di colpire l’esercito di milizia.
No, il problema che emerge con prepotenza dal fatto di sangue lucernese è un altro. Uno di quei problemi che, secondo i ben(?)pensanti, avrebbero dovuto essere delle semplici balle populiste e razziste. Uno di quei problemi su cui la Lega ed il Mattino battono il chiodo da ormai più di due decenni, con tenacia, coerenza e cognizione di causa.
Ossia quello delle naturalizzazioni facili.
Il pluriomicida di Menznau, infatti, inizialmente è stato descritto come “cittadino svizzero”. Ben presto si è però scoperto che le cose stavano molto diversamente. Infatti lo sparatore di svizzero aveva assai poco, trattandosi di un ex asilante kosovaro-albanese. Costui, e qui viene il bello (si fa per dire) è stato naturalizzato malgrado fosse tutt’altro che incensurato: a suo carico risulta infatti una condanna a ben un anno di prigione per banditismo, nel 1998.
Eppure il passaporto rosso è arrivato lo stesso. Questo dimostra come le naturalizzazioni facili, ben lungi dall’essere una fantasia populista e razzista, siano invece un’allarmante realtà. Esse sono, inoltre, solo un tassello di una politica degli stranieri sballata, dettata dall’ipocrisia politicamente corretta e che fa a pugni con la volontà popolare. Ricordiamo infatti che il popolo ha accettato l’iniziativa popolare che chiede l’espulsione dei cittadini stranieri che delinquono e che abusano dello stato sociale. Ebbene attualmente, e il caso di Lucerna lo dimostra, gli stranieri che delinquono non solo non vengono espulsi, ma vengono addirittura premiati con l’ottenimento del passaporto elvetico.
Se poi pensiamo che la Sezione della popolazione si limita a mandare dei semplici ammonimenti a cittadini stranieri che delinquono quando ci sarebbero – per ammissione della Sezione medesima – i presupposti per un ritiro del permesso di dimora, ben ci si rende conto delle derive in cui il paese si è imbarcato. Altro che populismo e razzismo!
Altro che tentare di strumentalizzare la tragedia di Menznau a fini politici con l’obiettivo di ribaltare la volontà popolare chiaramente espressa due anni fa in materia di armi d’ordinanza, da caccia e sportive legalmente custodite al domicilio.
A cosa miri questa strumentalizzazione, invero assai squallida e fatta da chi, con il consueto moralismo a senso unico, accusa gli altri di strumentalizzare, è facile capirlo. Attaccando il principio dell’arma d’ordinanza a domicilio si colpisce una specificità svizzera e si colpisce l’esercito di milizia, come pure il concetto stesso di milizia, parte integrante della nostra svizzeritudine.
La quale, secondo i fautori dell’internazionalismo politicamente corretto, va denigrata. I cittadini svizzeri non devono essere orgogliosi del proprio paese e delle proprie radici. Essi devono, al contrario, rinnegarli e disprezzarli, e devono disprezzare il lavoro dei propri padri.
Altrimenti rischiano di mettersi in testa di difendere il proprio paese dagli attacchi esterni. Altrimenti non si riesce a dissolverli nel bieco calderone europeista.
Sull’esercito di milizia i cittadini saranno chiamati ad esprimersi ancora entro la fine di quest’anno. Ecco quindi che, per certuni, ogni occasione è buona per tentare di fare propaganda contro. Anche, letteralmente, a cadaveri ancora caldi.
Lorenzo Quadri