Come da copione i ro$$overdi vogliono mantenere ad oltranza una situazione di privilegio
Lo statuto S di cui beneficiano i profughi ucraini giungerà a scadenza nel febbraio 2023. La Confederella non ha ancora deciso se detto statuto verrà prolungato. Pur essendo stato creato negli anni Novanta in occasione della guerra in Jugoslavia, lo statuto “di protezione” (S = Schutz) è stato concretamente applicato per la prima volta ai profughi ucraini.
Il collaudo non può certo dirsi riuscito.
Come scritto a più riprese su queste colonne, il permesso S risulta eccessivamente attrattivo: aiuti pubblici anche a chi non ne ha bisogno (vedi i profughi in Maserati); ricongiungimento familiare; possibilità di lavorare; corsi di lingua pagati dal contribuente; libertà di movimento con anche l’autorizzazione a trascorrere le ferie nel paese d’origine; benefit vari (si pensi all’abbonamento generale gratuito per i trasporti pubblici, in vigore fino allo scorso maggio); spese sanitarie pagate; eccetera eccetera. Conseguenza della libertà di spostamento è che ci sono profughi ucraini che continuano a beneficiare di sussidi elvetici pur essendosi trasferiti all’estero.
I vantaggi legati allo statuto S generano inoltre un fenomeno di “shopping dello Stato sociale” verso la Svizzera.
A ciò si aggiunge la concessione allegra dei permessi S. Ne hanno beneficiato anche finti rifugiati che si trovavano “per caso” in Ucraina. Come pure cittadini ucraini che però già da un pezzo non risiedevano più nel loro paese.
Aizzati a restare
Secondo le parole del governicchio federale lo statuto S sarebbe “orientato al rimpatrio”. La realtà è agli antipodi. Lo statuto in questione comporta infatti così tanti privilegi che aizza i rifugiati ucraini a rimanere qui in via definitiva. Tanto più che l’alternativa è il ritorno in una nazione che già non era il Paese del Bengodi prima dell’invasione russa. Figuriamoci dopo.
Adesso la scadenza di febbraio 2023 si avvicina. Quindi gli immigrazionisti ro$$overdi berciano che lo statuto S deve venire prorogato subito e possibilmente all’infinito. E che i vantaggi da esso previsti vanno estesi anche a tutti gli altri asilanti. In particolare la possibilità di lavorare qui a scapito degli svizzeri. $inistrati, ma andate a scopare il mare!
Previsioni toppate
Il permesso S va invece abrogato. E’ ora di trattare i profughi ucraini come tutti gli altri rifugiati. All’inizio della guerra si immaginava che il conflitto sarebbe durato poco. Tempo qualche settimana, o al massimo qualche mese, e i rifugiati ucraini avrebbero potuto fare ritorno a casa. Le cose sono andate in modo ben diverso. Purtroppo la pace sembra ancora molto lontana. Ma a questo punto non è sostenibile mantenere in piedi ad oltranza uno stato di eccezione. Esso, per sua natura, deve durare poco. I $inistrati, che nell’industria dell’asilo ci tettano dentro alla grande, vorrebbero per contro rendere l’eccezione (permesso S) permanente. Tradurla in regola ed estenderla a tutti. Quando invece deve accadere l’esatto contrario.
Se i padroni volevano certezze…
Come detto il permesso S contempla la possibilità di lavorare. In Ticino ciò può avvenire solo a scapito dei residenti. Come se non bastasse già l’invasione di frontalieri. Altro che “statuto orientato al rimpatrio”. Il trucchetto del lavoro persegue esattamente l’obiettivo di sventare il rimpatrio. Da un lato con il solito ricatto morale: “non vorrete mica mandar via qualcuno che lavora?”. E dall’altro per coinvolgere nella politica immigrazionista un altro attore: i datori di lavoro. Infatti adesso i padroni vanno a manina con i kompagnuzzi nel pretendere il rinnovo dello statuto S (e ogni volta che si manifesta un simile inciucio contronatura, puntualmente ne derivano disastri). Tale Andy Müller, portavoce dell’Associazione svizzera dei datori di lavoro, ha infatti sollecitato il rinnovo dello statuto S dichiarando che chi ha assunto profughi ucraini ha “bisogno di certezze il prima possibile”. O Müller, se i padroni volevano “certezze”, dovevano assumere SVIZZERI! Adesso che si arrangino!
Ticinesi messi peggio
Nei giorni scorsi il quotidiano gratuito 20Minuten ha pubblicato un articolo sulle vicissitudini di una rifugiata ucraina di 24 anni che si trova in Svizzera. Da marzo cerca lavoro, senza trovarlo. “Ho mandato più di 50 candidature – spiega la donna -. Nell’80% dei casi non ricevo nemmeno una risposta. Il fatto di non conoscere la lingua locale non mi aiuta, anche se parlo inglese”. Un simile servizio giornalistico, pubblicato in Ticino, sarebbe stato giustamente accolto con una sinfonia di pernacchie. Altro che profughi! Quanti ticinesi si trovano in una situazione anche peggiore, senza che ci sia alcuna barriera linguistica, e ciò a causa dell’invasione da sud voluta dalla partitocrazia? Quanti hanno inviato non 50, ma centinaia di candidature, e non per pochi mesi ma sull’arco di anni, senza trovare un impiego?
Ma ancora più “interessante” è la risposta della giovane alla domanda se intende tornare in Ucraina: “Mi fosse stato chiesto in marzo avrei detto di sì, il prima possibile – è la replica –. Adesso però nutro dei dubbi sul futuro nel mio paese d’origine. Se trovassi lavoro in Svizzera, mi costruirei una vita qui”.
Ecco dunque confermato quello che il Mattino scrive da mesi. In Svizzera sono arrivati anche ucraini che non avevano intenzione di lasciare il paese. Non dubitiamo che, sulle prime, il loro desiderio fosse davvero di ritornare a casa il più presto possibile. Ma poi il tempo è passato e la situazione è cambiata. E dunque i profughi si sono resi conto che qui, grazie alla generosità degli svizzerotti, si sta bene; mentre in un’Ucraina postbellica…
E’ quindi manifesto che lo statuto S va abolito alla sua scadenza il prossimo febbraio. In attesa di tale data, esso non va più concesso a tutti gli ucraini come oggi, ma solo a quelli che provengono da aree effettivamente colpite dalla guerra.
Lorenzo Quadri