Come previsto, ecco i problemi di convivenza. Serviranno trasferimenti in altri Cantoni
I nodi vengono al pettine! E’ un po’ che lo diciamo e puntualmente è successo: sempre più famiglie ospitanti intendono separarsi dai profughi ucraini che si sono incautamente messe in casa. E’ quanto emerge da un’inchiesta realizzata dalla SonntagsZeitung.
Non ci voleva il Mago Otelma per prevedere che sarebbe andata a finire così. Come recita un noto proverbio, l’ospite dopo il terzo giorno puzza; e adesso ormai sono passati quasi 4 mesi dall’inizio della guerra.
La propaganda di santificazione dell’Ucraina messa in piedi da NATO & Co (gli stessi che il 4 e 5 luglio arriveranno a Lugano a reggersi la coda uno con l’altro, paralizzando la città per tre giorni, lago incluso) ha istigato i cittadini ad accogliere in casa propria dei rifugiati ucraini. Parecchi hanno abboccato. Hanno creduto che sarebbe stato per poco tempo. Si sono bevuti la fanfaluca che la guerra sarebbe finita presto grazie alle sanzioni. Come no. Le sanzioni hanno penalizzato solo chi le ha decretate. Svizzerotti in primis.
Stato “europeo”?
La casta e la sempre più zerbinesca stampa di regime, priva di ogni parvenza di spirito critico, hanno dipinto l’Ucraina – e di riflesso la sua popolazione – come uno stato “europeo”. Balle di fra’ Luca. L’Ucraina, già prima della guerra (figuriamoci adesso) era ben lontana dagli standard europei. E anche la mentalità della sua popolazione non è certo uguale alla nostra. Era dunque scontato che sarebbero sorti problemi di convivenza. Parecchie famiglie ospitanti hanno inoltre denunciato arroganza ed irriconoscenza. Ci sono pure stati tentativi – più o meno riusciti – di approfittarsi dello Stato sociale.
A far scappare la poesia alla popolazione ci ha pensato la casta che, in preda all’isterismo, ha concesso ai profughi ucraini dei privilegi del tutto ingiustificati, che non vengono accordati nemmeno ai cittadini elvetici. Vedi il famoso abbonamento generale per i trasporti pubblici ai profughi in Maserati, quando a noi le FFS tolgono anche la carta giornaliera.
Tanto per non farsi mancare niente, la Confederella elargisce aiuti a pioggia ai profughi ucraini, compresi i milionari che passano la giornata a fare shopping. Però a noi la partitocrazia viene a dire che non ci sono i soldi per gli sgravi sulla benzina.
Il vento è cambiato
Più il tempo passa, più le prospettive di un rapido rientro in patria si allontanano, più chi ha deciso di accogliere profughi ucraini in casa si sente imbrogliato, ritiene di avere ampiamente “dato” e valuta che sia tempo di riprendersi la propria libertà.
C’è quindi da attendersi che con l’estate, e la voglia di andare in vacanza, saranno parecchi gli ospitanti che decideranno di porre fine ad una sempre più ostica convivenza.
A questo punto un paio di domande nascono spontanee. Ad esempio: dove verranno ricollocati i profughi “sfrattati”? Visto che in Ticino, come noto, ce n’è un numero sproporzionatamente alto, è chiaro che i rifugiati che dovranno lasciare gli alloggi privati andranno trasferiti in altri Cantoni. Specialmente nella ro$$a ed internazionalista Romandia, la quale non ha fatto i compiti.
Modello inglese
La guerra in Ucraina tuttavia non genera flussi migratori solo da quel Paese. Sta infatti dando il via a nuove ondate di caos asilo da Africa e Medio Oriente. Ovviamente la Svizzera non può permettersi di ospitare ulteriori migranti economici. Tanto più che gli ucraini sono ancora qui.
Nei giorni scorsi abbiamo letto sui media che la Gran Bretagna porta avanti il proprio progetto di trasferire i richiedenti l’asilo in appositi centri realizzati in Ruanda. Il primo volo è stato bloccato da un ricorso, ma l’esecutivo di Boris Johnson non intende lasciarsi scoraggiare. Chi chiede l’asilo nel Regno Unito, di conseguenza, durante lo svolgimento della procedura non potrà risiedere su suolo inglese, ma verrà mandato nel paese africano. Nessuna sorpresa che, davanti a questa prospettiva, i $inistrati strillino come indemoniati: tanti dei loro soldatini con l’industria ro$$a dell’asilo ci campano!
Cosa aspettiamo?
Come noto, già l’anno scorso la Danimarca (Stato membro UE con governo di $inistra) ha annunciato di voler percorrere la medesima via, poiché l’obiettivo è “zero asilanti”. Nei giorni scorsi, anche l’Austria (pure lei Stato membro UE) ha dimostrato interesse per questa opzione.
E la Svizzera cosa aspetta? Ad inizio settembre del 2021, prendendo posizione su una mozione di chi scrive, il governicchio federale aveva bollato come impraticabile (“sa po’ mia!”) la creazione di centri asilanti in Stati extraeuropei, rilevando come nessun Paese adottasse nella realtà questo modello. Bene, adesso la situazione è cambiata. E la necessità di sventare l’assalto alla diligenza rossocrociata da parte di migranti “in arrivo da altre culture” è più impellente che mai.
Non solo perché di soldi (e spazio) per mantenere tutti non ce ne sono. Ma anche perché non abbiamo alcuna intenzione di ritrovarci in casa, in un futuro prossimo, gang di africani in stile “Peschiera del Garda”.
Lorenzo Quadri