Quando si parla di prostituzione non bisogna dimenticare che si tratta di un’attività legale. Se di queste professioniste ce ne sono parecchie, vuol dire che c’è richiesta. E’ la legge del mercato. Almeno le “donnine” pagano le tasse, l’AVS, la cassa malati, eccetera. Spendono in Ticino, acquistando prestazioni e beni di vario genere (anche di lusso). Contrariamente a molti esponenti di altre categorie professionali in arrivo a frotte quotidiane dalla vicina Penisola, che sul nostro territorio non lasciano un franco neanche per sbaglio.
E’ evidente che da qualche parte le lucciole devono anche lavorare. Quindi o stanno nei postriboli, o stanno in appartamenti. Chiudere repentinamente gli uni e gli altri significherebbe trovarsi le “donnine” (tra cui non poche sono le donne “in divenire”, leggi trans) in strada: ciò che nessuno può ragionevolmente volere. Né si può immaginare di far sparire la prostituzione. Ad esempio con proposte ridicole quali le multe ai clienti. Del resto, se il meretricio è comunemente noto come “il mestiere più vecchio del mondo”, un qualche motivo ci sarà.
Si ricorderà la situazione paradossale venutasi a creare con i raid anticanapa di alcuni anni fa. Si vendeva “erba” e sacchetti profumati alla luce del sole. Tutti sapevano. Tutti – autorità comprese – tolleravano: al punto che gli Uffici di collocamento proponevano ai disoccupati posti di lavoro nei canapai, con conseguenti sanzioni in caso di rifiuto. Poi improvvisamente è calato il giro di vite, con arresti a go-go. Onde evitare situazioni analoghe, occorre consolidare in tempi brevi un quadro legislativo chiaro, anche per la prostituzione: qui si può esercitare, lì no, e a quali condizioni. Una situazione nebulosa costituisce l’humus ideale per il proliferare di loschi personaggi e di fenomeni di sfruttamento.
Cambiamento di destinazione
L’intervento sull’appartamento di via Canevascini a Besso non è di per sé niente di sensazionale. Né costituisce una qualche novità, o comporta delle scelte di campo. La situazione era chiara: le donne esercitavano in un appartamento, che era diventato un luogo di lavoro. Ma non si può trasformare un appartamento in un “negozio”, di qualsiasi genere esso sia, senza un cambio di destinazione. Occorre passare dall’uso abitativo a quello commerciale. Come non si può trasformare un appartamento in, ad esempio, una palestra senza una procedura di cambiamento di destinazione (ciò che comporta la richiesta di una licenza edilizia) così non lo si può trasformare in un mini-postribolo. Il cambiamento di destinazione di un appartamento da abitativo a commerciale è possibile solo se le norme di piano regolatore della zona interessata lo permettono.
Il caso di via Canevascini di per sé era chiaro: zona residenziale, nessuna richiesta di cambiamento di destinazione in corso. L’uso fatto dell’appartamento era illegale. Diversa è la situazione della prostituta (dichiarata) che abita nel suo appartamento (annunciata al controllo abitanti) e vi esercita la professione. In questo caso, un cambio di destinazione non è necessario, l’appartamento rimane comunque luogo di vita della lucciola. I vicini eventualmente disturbati dall’attività, per tutelarsi hanno a disposizione gli strumenti consueti che reggono le relazioni di vicinato. In caso di rumori molesti, ad esempio, la procedura è la stessa che si adotterebbe nei confronti del vicino che ascolta musica a tutto volume di notte, che organizza caotiche feste tra amici a sere alterne, o che ha il cane che abbaia costantemente e ad ogni orario.
Uscire dal limbo
Al momento a Lugano sono pendenti, da tempo, decine di domande di cambio di destinazione di appartamenti che si vorrebbero trasformare in locali commerciali dove il “commercio” è di quello a luci rosse. Nelle zone dove il piano regolatore permette la presenza di spazi commerciali, e dove l’esercizio della prostituzione non cozza con le disposizioni vigenti (ad esempio vicinanza con strutture sensibili come scuole, luoghi di culto, eccetera) difficilmente si può immaginare un diniego della licenza. Dove invece il piano regolatore non consente destinazioni commerciali, l’esercizio della prostituzione in modalità “à la via Canevascini” non può essere autorizzato e quindi è illegale.
La questione, decisamente calda – si potrebbe dire “hot” – è in attesa da troppo tempo di essere definita. Il municipio di Lugano, e non solo lui, dovrà decidere che linea intende seguire e dirlo chiaramente. E’ chiaro che ci saranno persone contente ed altre scontente. “Governare è scontentare”, diceva qualcuno. Ma rimanere troppo a lungo nel limbo non si può. Né si può pensare, e questo vale per tutto il Cantone, di svuotare da un giorno all’altro tutti gli appartamenti dove si esercita il meretricio in difformità alle disposizioni pianificatorie: la conseguenza sarebbe la creazione di problemi di ordine pubblico, sanitari e di sicurezza più gravi di quelli che si vogliono risolvere.
Lorenzo Quadri