Nelle scorse settimane si è sentito parlare, spesso in modo distorto, dell’ente autonomo comunale per la gestione dagli Istituti sociali della città Lugano. Il Municipio ha di recente licenziato il messaggio all’indirizzo del Consiglio comunale per la costituzione dell’ente.
La prima cosa da dire è che, contrariamente a quanto qualcuno ha tentato di far credere, non si tratta affatto di una privatizzazione. L’ente autonomo comunale è un ente pubblico. E’ la forma di ente pubblico più vicina al comune.
La “città nella città”
Gli attuali Istituti sociali comunali (ISC) con i loro 640 dipendenti, 15 supplenti, e 75 tra apprendisti, praticanti, AUP, eccetera, costituiscono il più grosso dicastero dell’amministrazione cittadina. Una sorta di “città nella città”, destinata a crescere ancora. Pensiamo, ad esempio, alla futura casa anziani e centro polifunzionale di Pregassona, il cui cantiere inizierà l’anno prossimo. Un’opera che, una volta “a tetto”, porterà i letti per anziani della città di Lugano a 717 ed aggiungerà 20 posti ai nidi cittadini. Un altro progetto in corso d’opera è l’istituto per anziani in “tandem” con Canobbio.
Gli ISC sono dunque una sorta di città nella città. Però svolgono dei compiti ben diversi da quelli classici di una pubblica amministrazione: non c’è sicuramente bisogno di spiegare la differenza tra un impiegato di cancelleria ed un assistente di cura.
Una struttura adeguata
Gli Istituti sociali, per poter svolgere al meglio i propri compiti specifici, necessitano di una struttura adeguata. Una struttura che garantisca la necessaria flessibilità e rapidità di reazione; che faciliti l’innovazione e la realizzazione di nuovi progetti; che sia consona alle esigenze di un settore per cui l’aggiornamento continuo è un “must”; che agevoli e semplifichi le sinergie e le collaborazioni con enti esterni.
D’altro canto, l’attuale “megadicastero” degli Istituti sociali – che come detto nel prossimo futuro crescerà ancora – rischia di diventare difficilmente gestibile per la stessa amministrazione comunale, in difficoltà nel tenerne il passo. Non è certo una stranezza, né una novità, che delle strutture sociosanitarie pubbliche siano collocate al di fuori dell’amministrazione comunale (o cantonale): pensiamo all’Ente ospedaliero cantonale. O a quanto accade nelle altre maggiori città svizzere. Un qualche motivo dovrà pur esserci…
I limiti del dicastero
Le dimensioni e le particolarità degli ISC evidenziano i limiti del dicastero municipale. Chiamano una forma gestionale più autonoma, più adatta. Una forma orientata al futuro. Il Municipio intende però mantenere il controllo strategico su questo importante settore d’attività. Il sociale è, infatti, a diretto contatto con i cittadini più “deboli”: deve rispondere a bisogni fondamentali, spesso in tempo reale. E, come detto, conta oltre seicento dipendenti. I diritti di utenti e dipendenti vanno garantiti. Nessuno si sogna, dunque, di lasciare la socialità luganese in balia “di venti e maree”. Peraltro non sarebbe possibile nemmeno volendo.
La costituzione dell’ente autonomo non è una mossa voluta per risparmiare sulla pelle di chi lavora e/o di chi necessita d’aiuto. Si tratta, invece, di dare un vestito più adatto ad una struttura che funziona; e di scegliere quello più idoneo, sia per le attività degli ISC che per l’amministrazione comunale. Non è un’improvvisazione. E’ frutto di approfondimenti trasversali e nasce da una riflessione che viene da lontano.
Diritti garantiti
Il settore sociosanitario è regolato da leggi federali e cantonali, cui si aggiungono i contratti di prestazione con il Cantone. Tutto ciò verrà, evidentemente, ripreso dal nuovo Ente. Il controllo del Comune sarà garantito dalla Convezione e dal mandato di prestazione. Questi documenti, in cui il municipio assegnerà i compiti, dovranno essere approvati dal Consiglio comunale; esso approverà anche i consuntivi dell’Ente. Il presidente del CdA– che si immagina a 5 membri – sarà il municipale capodicastero di riferimento. Gli immobili rimarranno di proprietà del Comune. I dipendenti degli ISC diventeranno dipendenti del nuovo Ente, tuttavia a loro si applicherà ancora il ROD e le regole sul carovita che valgono per la città. La Cassa pensioni rimarrà quella dei dipendenti della città di Lugano.
Ma quale “privatizzazione”?
In conclusione, dunque, il nuovo ente serve a dare al settore della socialità luganese una struttura più flessibile, efficiente e più adatta ai tempi. Né gli utenti né i dipendenti hanno alcunché da temere. In particolare non le perniciose conseguenze di una “privatizzazione”: infatti, la costituzione dell’ente autonomo di diritto comunale non ha nulla a che vedere con una privatizzazione. Certo, qualcuno ha tentato di farlo credere. Ma lo ha fatto in totale malafede, per la propria campagna elettorale e sindacale. Non certo nell’interesse dei dipendenti, dell’utenza e della cittadinanza. Niente di nuovo sotto il sole. Il vecchio proverbio “in temp da guera, püsee ball che tèra” è sempre attuale.
Lorenzo Quadri
Capodicastero ISC