La biodiversità è una scusa. E basta sperperare milioni in inutili misure di protezione
Siamo solo ad inizio marzo, ma il lupastro già riempie le pagine dei giornali. Non osiamo immaginare cosa accadrà tra un paio di mesi, quando gli ovini cominceranno a salire ai pascoli (ammesso che qualcuno avrà ancora il coraggio di mandarceli).
Gli avvistamenti del predatore si moltiplicano. In Capriasca, all’alpe di Rompiago (non lontano dall’abitato e in una zona frequentata da famiglie in gita) nei giorni scorsi è stato individuato un branco di 5 esemplari. A Cevio un lupo passeggiava in pieno giorno nei pressi dell’abitato. A Bignasco un esemplare trotterellava tranquillamente in mezzo alla strada, a poche centinaia di metri dal villaggio, ed è stato filmato da un automobilista. Stessa cosa a Olivone.
Ce lo ritroveremo in casa
Avanti di questo passo e ci ritroveremo il lupo nemmeno in giardino, ma direttamente dentro casa. Anche nel Luganese. Si ricorderà che qualche mese fa il funzionario cantonale di turno, prendendo posizione sui numerosi avvistamenti in Capriasca, intimava piccato di non disintegrargli i santissimi finché il lupo non fosse comparso a mezzogiorno nel centro di Tesserete. Quel momento non sembra lontano.
E’ evidente che il lupo, oltre a minacciare l’esistenza stessa dell’agricoltura di montagna (e quindi della gestione del territorio che essa garantisce), rappresenta un pericolo anche per l’uomo. Circostanza che pure il governicchio federale ha dovuto ammettere, dopo averla a lungo negata.
Che un lupastro – o un branco di lupastri – all’apparire di un umano scapperebbe a gambe levate è tutto da dimostrare. Specie se l’umano è un bambino o un anziano. Se poi l’umano è accompagnato da un cane, non sarebbe strano se il lupo attaccasse quest’ultimo, provocando l’ovvia reazione del proprietario, il quale potrebbe restare ferito nel tentativo di difendere il suo animale. Situazioni simili si sono già verificate in Italia, non lontano dal confine.
“Biodiversità” a corrente alternata
Gli animalisti da salotto urbano idolatrano il lupo nel nome del mito della natura selvaggia ed incontaminata da cui l’uomo bianco, causa di tutti i mali dell’Universo, deve sparire. Il lupo è superiore all’uomo. Giù, chinati a 90 gradi davanti a sua maestà il lupastro!
I citati animalisti recitano il mantra politikamente korrettissimo della “biodiversità”. Come se nei pascoli, che rischiano l’abbandono causa lupo, non ci fosse biodiversità. Poi naturalmente – sempre in nome della biodiversità – i lupisti con la puzzetta sotto il naso si mettono a strillare come indemoniati se trovano un ragno in casa. Mentre davanti ad un rospo, a un verme o a un serpente vengono colti da sincope: biodiversità sì, ma solo a profitto di animali “fighi”!
Stendiamo poi un velo pietoso sui cretini da social che berciano “w il lupo a prescindere”.
Politica o segnaletica?
La Convenzione di Berna del 1979 qualifica il lupo come specie assolutamente protetta. Nel 2018 Svizzera ha chiesto di declassarlo a specie “solo” protetta. Ma la Convenzione ha detto njet. La Lega ha postulato di conseguenza l’uscita della Confederella dalla Convenzione. Risposta del governicchio federale: “La distinzione tra “assolutamente protetto” e “protetto” non si applica nella legislazione svizzera e non è quindi rilevante per il nostro Paese”. Ma se è stata proprio Berna a chiedere questa distinzione! E adesso ci sentiamo raccontare che non serve ad una fava? Ma chi si pensa di prendere per i fondelli?
Inoltre, prosegue ancora il governicchio, l’uscita della Svizzera costituirebbe “un segnale negativo”. Ah, ecco: l’importante è evitare qualsiasi critica dall’estero; della situazione sul territorio, chissenefrega! Ma il CF fa politica o fa segnaletica?
Stop agli sperperi milionari
E siamo anche stufi di sentir parlare di potenziamento delle misure di protezione delle greggi, come se questa fosse la panacea. La grande maggioranza dei pascoli ticinesi non è nemmeno proteggibile. E per i centri abitati cosa facciamo? Recintiamo anche quelli? Oppure bisognerà piazzare attorno agli alpeggi avveniristici (e naturalmente costosissimi) sistemi di videosorveglianza, come se si trattasse di proteggere la Gioconda?
Ne abbiamo piene le scuffie di buttare milioni dalla finestra perché politicanti e burocrati avulsi dalla realtà rifiutano di pendere atto che la convivenza tra l’uomo (e le attività umane) ed il lupo semplicemente non è possibile alle nostre latitudini. Pertanto bisogna impallinare il predatore. A meno che i lupisti da salotto non intendano organizzare dei seminari di rieducazione in cui spiegano al lupo che può cacciare solo caprioli e cervi (ce ne sono in abbondanza) o, in alternativa, diventare vegano. O magari addentare il tafanario di qualche pseudoambientalista modaiolo.
Ricordiamo che la Svezia, con una superficie che è oltre dieci volte quella della Svizzera per una popolazione più o meno equivalente (e concentrata a stragrande maggioranza nelle aree urbane), ha dato via ad una caccia al lupo di proporzioni storiche. Tutti scemi e delinquenti, gli svedesi?
Se il lupo sparisce dal nostro territorio, non ne risente nessuno. E’ stato assente per 120 anni. Forse che all’inizio del secolo scorso c’era meno “biodiversità” di oggi?
Lorenzo Quadri