L’avesse scritto il Mattino, subito i soliti noti avrebbero commentato con la trita manfrina del populismo e del razzismo. Invece il risultato emerge da uno studio realizzato proprio dall’Assicurazione contro la disoccupazione, commissionato alla famigerata SECO.

Quale risultato emerge? Che i corsi degli Uffici regionali di collocamento aiutano più gli stranieri e le donne che non gli svizzeri. Sul perché questo accada non ci sono al momento delle risposte Ma ci dovranno essere. Perché qui i conti proprio non tornano. E il problema, lo si sarà capito, non sono certamente le donne, bensì gli stranieri.

 

Priorità invertite

Non sta, infatti, né in cielo né in terra che gli Uffici regionali di collocamento servano a collocare stranieri: ciò che accade a scapito degli svizzeri, visto che di lavoro per tutti non ce n’è. Con la conseguenza, lapalissiana, che qualcuno deve rimanere fuori. E se a rimanere fuori sono gli svizzeri per far spazio agli immigrati noi, chiaramente, non ci stiamo.

Gli Uffici regionali di collocamento sono infatti un’istituzione statale che, come tale,  deve dare la priorità ai cittadini elvetici. A maggior ragione dopo il voto del 9 febbraio.

Non sarà politicamente korretto dirlo; sarà anche poco simpatico; ma sta di fatto che prima devono venire sistemati i cittadini elvetici. Poi, se avanzano posti di lavoro, gli immigrati.  Poiché tuttavia di impieghi ne avanzano sempre meno, la conseguenza sarà che più gente dovrà essere rimandata al paese d’origine. L’immigrazione non deve portare al soppiantamento dei residenti. Questo è il messaggio che è uscito dalle urne il 9 febbraio e questa è la volontà popolare che deve essere eseguita. E non ignorata, discussa e ostacolata, come si crede in diritto di fare certa classe politica fautrice delle frontiere spalancate.

 

Deve esserci un seguito

Quindi, se gli Uffici regionali di collocamento sono più utili agli stranieri che agli svizzeri, vuol dire che il sistema è tutto sbagliato. Ergo, deve essere rivoltato come un calzino e ricalibrato sulle esigenze dei cittadini.  Per cui, non ci sta bene che il risultato di questa inchiesta federale venga messo in un cassetto per le solite ragioni di comodo e di opportunità politica (mai dare spago a chi vuole il ritorno ad un controllo efficace sull’immigrazione). Non ci sta bene che si vada avanti come se niente fosse. Dovrà esserci un seguito.

Perché qui, è evidente, ci troviamo davanti ad un vistoso esempio di discriminazione dei cittadini a vantaggio degli immigrati. Questo avviene per non rischiare l’infamante etichettatura di razzista e populista: pare essere diventata la peggiore sciagura che possa capitare. Almeno, ciò è quanto vogliono far credere gli spalancatori di frontiere e rottamatori della Svizzera, che si sono autoattribuiti, senza averne alcun titolo, il monopolio sulla morale. Ma è ora di dire basta.

 

L’intervento di Allam

Al proposito riportiamo gli stralci di un intervento di Magdi Allam al Parlamento europeo. Che, pur riferito all’Italia e più in generale all’UE, ben descrive anche la situazione svizzera:

«Quest’Europa sta implodendo non perché non vengano rispettati i diritti ma perché si sono del tutto dimenticati i doveri, elargiamo a piene mani diritti e libertà senza chiedere in cambio l’ottemperanza dei doveri e il rispetto delle regole. Prima ancora di preoccuparci della discriminazione dei Rom, degli immigrati, dobbiamo occuparci della discriminazione dei cittadini (…) sento il dovere di mettere in guardia quest’Europa dall’esplosione di un’ondata di razzismo non perché, come vorrebbe far credere questa proposta di risoluzione, verrebbero discriminati gli immigrati o i sospetti terroristi, ma perché si discriminano i cittadini dei Paesi europei per la nostra sottomissione ad un’ideologia globalista, immigrazionista, buonista e relativista».

A questo punto non serve aggiungere altro.

Lorenzo Quadri