Maldestro tentativo P$ di salto della quaglia dopo la meritata legnata elettorale
Davvero non c’è limite alla lamiera (o “tolla” che dir si voglia).
Improvvisamente il presidente della sezione di Lugano del partito $ocialista (quella che vuole “più moschee”) Raoul Ghisletta tenta il salto della quaglia: adesso i kompagni vorrebbero sdoganare la svolta euroscettica.
Forse è il caso di ricordare a Ghisletta e soci quella pubblicità che recita: “Non siamo mica scemi”!
Un paio di promemoria tanto per fare il punto della situazione.
Punto primo: il P$$ – come del resto i Verdi – nel suo programma prevede l’adesione all’UE.
Punto secondo: i $ocialisti hanno sempre difeso ad oltranza la libera circolazione delle persone ed i Bilaterali. Lo hanno fatto andando a manina con gli odiati “padroni”. E chi non è d’accordo è un bieco populista e razzista. Sono anni ed anni che sentiamo ormai questo trito ritornello.
Punto terzo: sempre a spada tratta i kompagni hanno sostenuto l’adesione ai fallimentari trattati di Schengen, quelli che hanno devastato la nostra sicurezza ed in più ci costano (normalmente si paga per avere un vantaggio; gli svizzerotti pagano per stare peggio) oltre 100 milioni all’anno. Vale a dire 14 volte di più quel che aveva raccontato il Consiglio federale nella sua propaganda pre votazione piena di balle.
Punto quarto: i kompagni erano favorevoli, sempre a spada tratta e sempre con la solita fatwa morale del “populismo e razzismo” indirizzata ai contrari, all’allargamento ad est dei Bilaterali. Quell’allargamento che ci è costato 1.3 miliardi di franchi di contributi di coesione… in cambio di cosa? Dei delinquenti dei paesi dell’Est insediati in Lombardia, appena fuori dalla nostra “porta di casa”, che entrano ed escono liberamente dalla Svizzera grazie alle frontiere spalancate dagli accordi di Schengen.
Punto quinto: il P$ ha fatto campagna dura contro l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” con tanto di cartellonistica a go-go ed il solito mantra del populismo e del razzismo rivolto ai promotori. E’ stato asfaltato dalla urne il 9 febbraio 2014.
Punto sesto: dopo l’approvazione di detta iniziativa (che in Ticino come noto è stata letteralmente plebiscitata), i compagni dicono che “bisogna rivotare” perché le frontiere devono rimanere spalancate e la libera circolazione delle persone non va assolutamente limitata. E anche perché, come da consolidata tradizione dei kompagni, la volontà popolare viene rispettata solo quando fa comodo, in caso contrario bisogna rifare la votazione perché il popolo bestia “non ha capito”. Ed è inutile che adesso si tenti di far credere che la sciagurata dichiarazione di Bertoli nell’allocuzione del primo d’agosto (il famigerato “bisogna rifare la votazione del 9 febbraio” appunto) fosse una sua posizione personale isolata. Quella è la posizione del partito, più volte ripetuta da numerosi esponenti, a partire dal presidente nazionale Christian Levrat. E’ patetico che i kompagni tentino ora di gettare la croce (ah no, “croce” non si può dire, non è sufficientemente multikulti) addosso a Bertoli con l’accusa di raccontare fregnacce sul 9 febbraio. Quelle stesse fregnacce le racconta tutto il partito. Se il partito socialista giustamente perde, la colpa non è del Consigliere di Stato. E’ del partito e delle sue allucinanti posizioni: frontiere spalancate, naturalizzazioni facili, adesione all’UE, immigrazione incontrollata, no all’espulsione degli stranieri che delinquono, tasse a raffica, “più moschee”, abolizione dell’esercito, eccetera. Il problema è di contenuti. Non certo di “comunicazione”.
E adesso, visto che sono stati meritatamente mazzuolati dalle urne ticinesi, i kompagni vogliono farci credere di essersi rifatti una verginità e di essere diventati di punto in bianco euroescettici? Ripetiamo: “non siamo mica scemi”!
Lorenzo Quadri