Come volevasi dimostrare, la disoccupazione in Ticino è tornata ad aumentare ed ha quindi raggiunto il 5%! Ma che strano, eh? Naturalmente bisogna ricordare che la cifra in questione è realistica solo fino ad un certo punto, perché le statistiche sulla disoccupazione non considerano parecchie casistiche. Ad esempio, non figura chi segue programmi d’inserimento professionale, chi si trova in scuole-parcheggio, chi si trova in AI per motivi psichici che possono essere direttamente legati all’assenza di lavoro, chi è in assistenza e non è rimasto iscritto alla disoccupazione, chi ha dovuto ricorrere a prepensionamenti. Come pure chi ha rinunciato a lavorare.  Ad esempio una donna sposata il cui marito lavora e che si è dovuta per forza convertire in casalinga causa perdita dell’impiego. Se il reddito del marito è comunque sufficiente a coprire le esigenze del nucleo familiare, questa economia domestica non “peserà” sullo stato sociale. Si potrebbe dunque dire che ci sono oggettivamente situazioni peggiori. Tuttavia anche questi casi di cui si sa poco o nulla hanno ripercussioni negative – oltre che personali per chi si trova costretto in un ruolo che non voleva – anche sull’economia in generale. Il nucleo familiare col reddito ridotto, per quanto ancora autosufficiente, pagherà meno tasse, magari anche molte di meno. E spenderà meno, magari anche molto meno. Ciò ovviamente si ripercuote in modo negativo sul sistema economico in generale.

Non c’è lavoro per tutti
Naturalmente a questo si aggiunge il problema su cui la Lega ed il Mattino hanno martellato e continueranno a farlo ad oltranza, perché così non si può andare avanti. E’ evidente che il peggioramento dell’occupazione in Ticino va di pari passo con l’aumento del numero dei frontalieri che – lo ricordiamo nel caso qualcuno se ne fosse dimenticato – all’ultimo aggiornamento risultavano essere 56mila (ad oggi saranno già di più), a cui vanno aggiunte le notifiche di breve durata, le quali nell’anno 2012 saranno state 20mila ( si attendono dati ufficiali).
E’ evidente che in Ticino non c’è lavoro, oltre che per i ticinesi, anche per svariate decine di migliaia di abitanti della fascia italiana di confine. Qualcuno rimane “a piedi”. E non si può accettare che a rimanere “a piedi” sia chi è nato e cresciuto e vive qui. Che nelle interviste il capo della Sezione del Lavoro del DFE tenti di gettare acqua sul fuoco non sorprende, visto il ruolo e dato che il Consiglio di Stato si è pubblicamente espresso a favore degli Accordi bilaterali.
Che la situazione non è poi così grave, lo si vada però a dire a tutti quei ticinesi che non trovano più impiego nel loro paese in quanto il mercato del lavoro è saturato da frontalieri!
I dati sull’aumento delle persone, soprattutto di giovani (che quindi non riescono nemmeno a trovare la prima occupazione) in assistenza, sono reali e preoccupanti. Non è con la logica del “consoliamoci guardando chi sta peggio” che si migliora la situazione di migliaia di ticinesi e delle loro famiglie.
Ci vogliono misure concrete e mirate, che contemplino anche una messa in pratica molto meno esasperata della libera circolazione delle persone oltre che sistemi di bonus rispettivamente malus per chi assume residenti e per chi non lo fa anche se potrebbe. Ci vuole, insomma, un pacchetto mirato alla promozione dell’impiego dei residenti. In attesa di far saltare la libera circolazione delle persone; per lo meno nella forma attuale che tra l’altro vieta (follia!) limiti quantitativi al frontalierato.
Lorenzo Quadri