La Commissione della Gestione del Gran Consiglio ha approvato all’unanimità la mozione del leghista Angelo Paparelli
Ma guarda un po’, allora la Lega aveva ragione! La Commissione della Gestione del Gran Consiglio ha approvato all’unanimità la mozione del leghista Angelo Paparelli, che chiede di creare un numero verde cui i cittadini possano segnalare i padroncini sospetti di lavorare in nero. Ossia praticamente tutti, visto che ad ogni controllo effettuato in dogana il tasso di irregolarità riscontrato è di almeno il 50%. Davanti ad una simile massiccia e sistematica violazione delle regole, appare evidente che ci troviamo di fronte ad un’emergenza, che impone delle misure eccezionali. Tra l’altro, ripristinando i controlli sistematici al confine si potrebbe frenare, oltre all’invasione dei rifugiati economici, anche quella di padroncini e distaccati, responsabili della devastazione del mercato del lavoro ticinese e della situazione drammatica in cui si trovano tanti artigiani e piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale della nostra economia.
Collaborazione dei cittadini
Dopo che i partiti storici hanno scriteriatamente spalancato il mercato del lavoro di questo (sempre meno) ridente cantone all’invasione da sud, si sono accorti – oops! – che non ci sono le risorse necessarie per dei controlli efficaci contro gli abusi. Ma va, ma chi l’avrebbe mai detto? Ma come, non dovevano essere tutte balle della Lega populista e razzista? Visto che lo Stato non è in grado di far rispettare le regole, si rende necessario l’aiuto dei cittadini, che fanno da antenne sul territorio. E’ però perfettamente inutile che l’autorità politica si gargarizzi con la “collaborazione con i cittadini” (che fa molto politikamente korretto) ma poi non metta a disposizione i canali necessari. Che devono essere semplici ed immediati. Non introvabili e cervellotici. Altrimenti detto: è troppo facile utilizzare la scusa del “chi vede non dice” per giustificare la situazione di illegalità e nel contempo fare di tutto e di più per ostacolare le segnalazioni che “creano lavoro extra”.
Deterrente
Oltretutto, la presenza del numero verde antipadroncini è anche un deterrente molto interessante. Nella situazione attuale, padroncini e distaccati che fanno i furbi sanno benissimo che difficilmente verranno beccati, perché non ci sono abbastanza controlli ed ispettori. Quindi possono permettersi di correre il rischio. Tuttavia se sanno che esiste una rete di “sorveglianza informale”, che quindi chiunque potrebbe facilmente vederli e segnalarli via numero verde, ecco che qualcuno ci penserà due volte prima di abusare sfacciatamente.
E lo scambio d’informazioni?
Ogni misura che serve a rendere più difficile la vita di padroncini e distaccati che hanno trovato nel nostro Cantone “ul signur indurmentàa” è positiva e prioritaria. Tutelare gli artigiani e le piccole e medie imprese ticinesi è, senza ombra di dubbio, una priorità. C’è però una misura che metterebbe i bastoni tra le ruote a tutti i furbetti. Si tratta della trasmissione automatica (ohibò, un concetto che a Berna, ed in particolare alle orecchie della ministra del 5% Widmer Schlumpf, dovrebbe suonare familiare) delle notifiche dei padroncini all’autorità fiscale italiana. Visto che costoro al fisco patrio dei guadagni effettuati in Svizzera non dichiarano un bel niente, ecco che l’agenzia delle entrate della vicina Penisola si troverebbe sul tavolo una lista di evasori presso i quali andare a battere cassa. L’Italia dovrebbe avere un estremo interesse ad entrare in possesso di queste informazioni. Però non fa alcuna pressione in questo senso, anzi. Il motivo? Può essere solo politico/elettorale. Come Oltreconfine i politicanti rinunciano a tassare i frontalieri perché chi lo fa perde le elezioni in Lombardia, allo stesso modo non vogliono neppure tassare i padroncini. Intanto le finanze pubbliche del Belpaese sono alla canna del gas: e a metterci una pezza sono chiamati i cittadini italiani che vivono e lavorano in patria.
“Sa po’ mia”
Cosa pensano a Berna a proposito di questo “scambio automatico d’informazioni” su padroncini e distaccati? Si inventano scuse del piffero per dire che “sa po’ mia” ma che ci stanno lavorando (?). Però quando si tratta di scambio di informazioni bancarie l’atteggiamento è ben diverso. Lì “sa po’”. Perché lo chiedono gli eurobalivi. Calare le braghe con l’UE è prioritario. Tutelare il Ticino, facendo oltretutto un favore all’Italia – ma come, kompagna Simonetta, mica dovevamo “aiutare l’Italia”? – per contro, non interessa. Però poi i 7 scienziati bernesi hanno la lamiera di varcare il Gottardo per venirci a raccontare tutta la loro “comprensione” per i problemi del Ticino…
Lorenzo Quadri