La mannaia si abbatte anche sulle caselle, mentre il CdS si illude che sarà ascoltato

 

Il Consiglio di Stato ticinese ha di recente incontrato una delegazione della dirigenza della Posta. Tema della riunione, le nuove strategie del cosiddetto Gigante giallo, che come sappiamo intende chiudere 600 uffici postali da qui al 2020, in un’operazione che interesserà anche 1200 collaboratori. Questo malgrado la Posta realizzi 700 milioni di utili all’anno: quindi non si trova affatto nella necessità di tagliare per pareggiare i conti (e men che meno per sopravvivere).

Dal momento che la Posta in questo sempre meno ridente Cantone occupa oltre 1400 persone, è  chiaro che anche il Ticino sarà pesantemente toccato dalle iniziative dei “grandi strateghi” gialli.

Da notare, ma tu guarda i casi della vita, che se al momento dell’annuncio della riforma i manager postali “non escludevano” licenziamenti, adesso li danno per certi (tipica tattica del salame).

Ci sono le app

E’ chiaro che ad essere penalizzate dalla chiusura di uffici postali saranno in particolare le regioni periferiche. Ma per gli adrenalici manager gialli non c’è problema: tanto ci sono le app per telefonino. Come no. Peccato che, diversamente dai finti rifugiati, mica tutti gli svizzeri hanno lo smartphone ultimo modello. E mica tutti sono d’accordo di farsi monitorare in qualsiasi cosa facciano, pagamenti compresi, dal “grande fratello” della rete; ciò in barba alla famosa privacy che sta sempre più diventando un vago ricordo.

Vago ricordo

Come un vago ricordo rischia di diventare l’importante ruolo di datore di lavoro  delle ex regie federali, che sta andando allegramente a farsi benedire. Il che è particolarmente problematico in Ticino, dove anche sulla piazza finanziaria è in atto un’emorragia di impieghi. Vedi svendita del segreto bancario, vedi sfacelo della BSI e conseguenti licenziamenti (in entrambi i casi i responsabili ci sono e sono noti. Vero ex ministra del 5%? Vero Sir Alfred?).

Nuova sorpresa

Nei giorni scorsi è arrivata l’ultima sorpresa targata gigante giallo: la Posta intende penalizzare con una sanzione mensile di 20 franchi i titolari di una casella postale che non ricevono almeno tre lettere al giorno. Questa misura va a colpire chi il servizio postale a domicilio non ce l’ha – magari perché vive in una zona discosta – o chi ce l’ha ma è “poco funzionale” perché la corrispondenza viene recapitata dopo mezzogiorno. Non per tutti la casella postale è un capriccio. Ovviamente i grandi strateghi del Gigante giallo sosterranno che ci sono le email…

Lo smantellamento del servizio pubblico è in atto, ma qualcuno manca all’appello: il  Consiglio federale ed in particolare la ministra dei trasporti e delle telecomunicazioni Doris Leuthard, PPD, da cui non viene un cip. Letargo? Oppure l’è tüt a posct?

Pie illusioni

Il Consiglio di Stato ha dunque senz’altro fatto bene ad incontrare i vertici della Posta per esprimere le proprie preoccupazioni. Peccato che si tratti di parole al vento, visto che il CdS non ha voce in capitolo. Il copione è quello già visto “x volte” in occasione delle chiusure di uffici postali nei comuni. Il municipio interessato protesta, la Posta prende atto e poi chiude lo stesso perché “ne ha facoltà”. Così andrà anche con i Cantoni. Gli appelli del governo ticinese  cadranno nel vuoto. La Posta li ascolta solo pro forma, poi fa quello che vuole. Se non si muove la proprietà, ossia la Confederazione, la linea dei manager postali non cambierà di una virgola. E Berna si muoverà? C’è da dubitarne. I  partiti, almeno finora, non hanno fatto una piega davanti alla macelleria annunciata. Inoltre e soprattutto: gli utili della Posta, che sono una forma di tassazione indiretta, tornano molti comodi al Consiglio federale, il quale può poi servirsene come gli torna più comodo. Ad esempio per finanziare finti asilanti o per versare aiuti all’estero.

Lorenzo Quadri