E’ la fotocopia dello sconcio accordo quadro istituzionale. E oltretutto più costoso!
Ci sarebbe quasi da ridere; non fosse che qui sono in gioco il futuro e l’esistenza stessa della Svizzera. Il governicchio federale la scorsa settimana ha annunciato urbis et orbis di aver “adottato gli elementi chiave di un mandato negoziale con l’Unione europea” (corbezzoli!). Lo ha fatto tramite un comunicato altamente fumogeno dal quale, screma screma, si capiscono due cose.
La prima, e non è una sorpresa, è che i camerieri bernesi di Bruxelles vogliono concludere un accordo bilaterale anche nel settore energetico. Il che significa: vogliono renderci sempre più dipendenti dall’UE, e quindi ricattabili, pure sotto questo fondamentale aspetto. Chiaro: con la recente approvazione della LOCli, la Confederella va incontro ad una grave penuria di energia elettrica. Quindi ci tocca andare ad elemosinare da Bruxelles. E “ovviamente” Berna baratterà la sovranità con la corrente; ammesso che la DisUnione sia nelle condizioni di vendercene. Perché se anche i suoi Stati membri, a seguito di politiche ideologiche climatiste, si troveranno in manco di elettricità, di certo non la venderanno a noi; se non in quantitativi minimi ed a prezzi stellari.
La seconda, più generale, è la seguente: se non è zuppa, è pan bagnato. Sono passati più di due anni dal maggio del 2021 quando il governicchio federale dichiarò chiuse le trattative con Bruxelles sullo sconcio accordo quadro istituzionale. Esso implicava: la ripresa dinamica, ossia automatica, del diritto UE; la sottomissione ai giudici stranieri (della Corte europea di giustizia); la direttiva comunitaria sulla cittadinanza (ovvero l’impossibilità di espellere i cittadini della DisUnione europea).
Cosa contengono adesso gli “elementi chiave” del mandato negoziale? La ripresa dinamica del diritto UE, i giudici stranieri, la direttiva europea sulla cittadinanza.
A proposito di quest’ultima ciofeca, nel suo comunicato il governicchio federale si limita a dire che “intende minimizzare i rischi per il sistema di aiuto sociale svizzero”. In politichese, significa che non farà assolutamente un tubo! L’applicazione in Svizzera della scandalosa direttiva va invece esclusa a priori. Dobbiamo riprendere il controllo sull’immigrazione. Le frontiere spalancate dell’ultimo ventennio sono state un fallimento. Hanno avuto conseguenze tra il negativo ed il deleterio in un’infinità di campi: di sicuro nel citato “sistema di aiuto sociale”, ma anche per quel che riguarda il mercato del lavoro, la sicurezza, il traffico, l’inquinamento, la cementificazione, il consumo di energia e di risorse, le emissioni nocive, la coesione sociale, la qualità della scuola, eccetera.
Serve dunque un cambiamento radicale di paradigma. Altro che limitarsi ad una fumosa dichiarazione d’intenti – va da sé priva di qualsiasi effetto pratico – sugli aiuti sociali!
La ribollita
Ciò che il governicchio federale propone nel mandato negoziale è dunque una ribollita dello sconcio accordo quadro. Un accordo quadro 2.0, insomma. Che prevede, come nel 2021, la svendita della sovranità e dell’indipendenza della Svizzera. Diritti popolari inclusi. Essi non conteranno infatti più un tubo, se le leggi ce le detterà Bruxelles.
Ciliegina sulla torta: il governicchio addirittura si dichiara pronto “se il risultato complessivo sarà soddisfacente (?)” a “prendere in considerazione un contributo solidale regolare alla coesione (…) in Europa”. In altre parole: i pizzi miliardari all’UE diventeranno ricorrenti ed automatici!
Avanti così: Svizzera bancomat del mondo!
Non negoziabile
Nelle trattative con gli eurocrati il tema, evocato ad oltranza, della protezione dei salari è certo importante; ma di contorno. Nel senso che un’eventuale (campa cavallo) soluzione a tal proposito non rende tollerabile la rottamazione di sovranità, indipendenza e diritti popolari. Perché niente di tutto ciò è negoziabile. Il medico italiano del PLR, invece di comunicarlo chiaramente ai balivi di Bruxelles, è tornato allo stesso punto di due anni fa. Con in più la sciagurata “new entry” dei contributi di coesione regolari. Sempre la medesima ciofeca, ma ancora più costosa!
Una vera presa per i fondelli che, se un domani dovesse venire approvata dalla partitocrazia federale, andrà spazzata via in votazione popolare.
Che strano…
Risulta inoltre ancora vacante la posizione di caponegoziatore con l’UE dopo le dimissioni di Livia Leu, rimasta in carica solo due anni. Una partenza anticipata dovuta, secondo alcuni, al fatto che l’UE non intende fare alcuna concessione agli svizzerotti.
E la stampa d’Oltralpe (vedi l’Aargauer Zeitung, citata a pagina 12 del Mattino della scorsa domenica) scrive che nessun diplomatico di peso vuole prendere il posto della sciura Livia e lavorare direttamente sotto Cassis. Chissà come mai, eh?
Lorenzo Quadri