Ponte Capriasca, cittadini contro il Cantone: “ne va della nostra qualità di vita!”
A cavallo tra i Comuni di Ponte Capriasca e Torricella-Taverne, in zona Crevegno, il Consiglio di Stato intende realizzare, in base ad un apposito PUC (Piano di utilizzazione cantonale), l’ “impianto di compostaggio di importanza sovracomunale del Luganese“. Il Gran Consiglio deve ancora esprimersi.
La struttura non sarebbe certo piccola: è prevista una superficie di 13’500 mq, di cui 10’500 di edifici e di opere impiantistiche. L’operazione comporterebbe il dissodamento di 12’000 mq di bosco. L’impianto lavorerebbe ogni anno ben 20mila tonnellate di materiale, ovvero di scarti vegetali.
Una parte dell’area è attualmente già adibita a tale scopo, con una struttura gestita da un privato. Ma la situazione non è lineare come potrebbe a prima vista sembrare.
A Ponte Capriasca un comitato interpartitico si oppone con forza al progetto cantonale.
“Prima di tutto, già oggi la situazione non è a norma e comporta impostanti disagi per la popolazione – osserva il comitato -. Non è a norma perché in contrasto con il Piano regolatore vigente. La parte dell’impianto attuale che si trova sul territorio di Ponte Capriasca sorge in zona agricola. E adesso, invece di smantellare la struttura esistente, il Cantone propone non solo di “benedire” l’utilizzo non conforme tramite il PUC, ma di ampliare massicciamente l’impianto, con tutti i disagi che ne derivano. E’ chiaro che noi non ci stiamo”.
Quali sono i disagi? Il Cantone, nel suo progetto, parla di “ubicazione marginale e discosta che riduce al minimo il rischio di arrecare disturbo alle zone residenziali”…
Smentiamo categoricamente. I disturbi ci sono già con l’impianto odierno, ben più piccolo di quello progettato. E non sono poca cosa. La zona prescelta è tutt’altro che “discosta”. Confina con un’area residenziale pregiata. Ci sono case a meno di 300 metri. E chi ci abita subisce immissioni importanti: rumori, puzze, polveri sottili, rischi sanitari. Per non parlare dell’invasione di calabroni ed insetti vari di preoccupanti dimensioni. Al punto da essere costretti a tenere le finestre chiuse anche d’estate. E’ chiaro che la presenza di un impianto di compostaggio a poche centinaia di metri comporta un deprezzamento sensibile delle proprietà vicine: è pronto il Cantone a versare indennità milionarie ai proprietari, o nessuno si è posto il problema? Confinante con l’ipotizzato maxi-centro di compostaggio c’è pure l’area ricreativa composta dai boschi e dai prati attorno alla cascina dei Bellunesi. Si tratta di una zona di svago di importanza regionale, molto apprezzata; di recente è stata realizzata una nuova passeggiata. E come la mettiamo con il previsto dissodamento di 12mila mq di bosco? Ci si dice che il bosco non ha pregio, che l’area ricreativa non ha pregio, che i vicini non subiscono disagi. Ma la realtà è che la zona prescelta non è affatto adatta ad insediarvi un impianto di compostaggio, men che meno se di valenza regionale. Simili impianti devono stare lontani dalle zone residenziali. Bisognerebbe smantellare la struttura esistente, non certo realizzarne una più grande! In più c’è il problema del traffico indotto…
Di quali numeri si parla?
Sono previsti in media 106 veicoli – ovvero: 106 camion – in più al giorno. Il Cantone dice che l’impatto sarebbe minimo. 106 camion in più al giorno che transitano in una zona residenziale avrebbero un “impatto minimo”? Non scherziamo! La qualità di vita delle persone che abitano sull’asse stradale Cureglia/Origlio/Ponte Capriasca/ Torricella-Taverne non conta nulla?
Il progetto cantonale parla però di compostaggio in capannoni che all’occorrenza potrebbero essere chiusi, ciò che annullerebbe di fatto le emissioni moleste (puzze, eccetera).
Anche qui: “potrebbero essere chiusi” non vuol dire che saranno chiusi. Abbiamo al contrario la certezza che non lo saranno, per un motivo molto semplice: la lavorazione al chiuso, con quel che comporta (potenti impianti di aerazione e di filtraggio) è molto più costosa di quella in capannoni aperti. Dunque l’esito è già scontato.
Tuttavia non è facile trovare un’ubicazione ottimale per un centro di compostaggio d’importanza regionale.
Ma le alternative ci sono! Ad esempio, con la pianificazione dello svincolo autostradale di Sigirino e lo smantellamento del cantiere Alptransit, si avrebbe a disposizione una “location” assai più adeguata alla bisogna. Però il Cantone obietta che quella è una zona agricola pregiata. Ma gli unici a non essere “pregiati” siamo noi?
In che modo il comitato si oppone concretamente al PUC?
Abbiamo in corso una raccolta di firme, già giunta a quota mille. L’abbiamo dovuta interrompere per il coronavirus. Le sottoscrizioni sono state consegnate al Comune di Ponte Capriasca che però, a nostra conoscenza, non le ha ancora inoltrate al Cantone. Non vorremmo che qualcuno stesse facendo melina. Purtroppo come abitanti di Ponte Capriasca non abbiamo la possibilità di opporci ad una decisione del Cantone tramite gli strumenti democratici comunali. Se il PUC venisse approvato dal Gran Consiglio, l’unica opzione che avremmo sarebbe quella di lanciare un referendum a livello cantonale. Ma raccogliere 7000 firme di aventi diritto di voto in 60 giorni non è alla nostra portata. Ci appelliamo al Consiglio di Stato ed al Gran Consiglio perché rinuncino a realizzare l’impianto di compostaggio regionale sul nostro Comune e scelgano un’ubicazione più consona: ad esempio quella suggerita di Sigirino. Ribadiamo: in nessun caso simili impianti devono sorgere a fianco di zone residenziali!
Lorenzo Quadri