Neutralità sempre sotto attacco: dai sondaggi farlocchi alle boiate dell’ambasciatore

La casta, asservita a Bruxelles e a Washington, prosegue con il lavaggio del cervello agli svizzerotti. Obiettivo: convincerli che la rottamazione integrale della neutralità per compiacere UE ed USA sarebbe “ineluttabile”. Forse qualcuno non si è ancora reso conto che, con la fregnaccia dell’ “ineluttabilità”, la partitocrazia sta  svendendo uno dopo l’altro non solo i vantaggi competitivi, ma anche i principi fondanti della Svizzera.

Nei giorni scorsi è quindi stato divulgato un nuovo sondaggio farlocco secondo cui – udite udite – la maggioranza (risicata) degli Svizzeri sarebbe favorevole ad un avvicinamento alla guerrafondaia NATO. E sempre la maggioranza sarebbe pure favorevole ad una neutralità differenziata (ossia, ad una non neutralità!).

Frena, Ugo! Tutti sanno che il sondaggio è come lo scarrafone di Pino Daniele: è bello “a committente suo”. Il quale committente paga all’istituto demoscopico dei bei soldoni per sentirsi dire ciò che vuole sentire. Ma i sondaggi sono anche un mezzo di manipolazione dell’opinione pubblica: quello sugli Svizzeri favorevoli agli strusciamenti con la NATO è sia il risultato del lavaggio del cervello praticato all’opinione pubblica dalla partitocrazia e dalla stampa di regime, che un tassello di questa “strategia” di lavaggio del cervello. Quindi, un’operazione di propaganda. Che cade, ma tu guarda i casi della vita, in contemporanea con le scandalose esternazioni dell’ambasciatore USA in Svizzera, tale Scott Miller (Scott chi?) noto in patria come finanziatore della campagna elettorale del RimbamBiden (e per questo ricompensato con un’ambasciata) nonché come attivista LGBTQVattelapesca.

Guerra economica alla Svizzera

Il diplomatico (?), intervistato dalla NZZ, si crede legittimato a schiacciare gli ordini alla Confederella. Come se fosse una colonia degli USA. Nemmeno lo nasconde: il figuro si bulla di aver “influito sulla ripresa delle sanzioni contro la Russia”. In altre parole: ammette apertamente di aver ricattato la Svizzera.

Non poteva mancare lo sproloquio sui beni dei cosiddetti oligarchi russi congelati dalle banche elvetiche su ordine del governicchio federale, che ammontano a 7.75 miliardi di franchi. Secondo il Miller, la Svizzera potrebbe bloccare altri 50-100 miliardi. Ma costui ci è o ci fa? In pratica, si permette di pretendere il blocco integrale degli averi di cittadini russi. Che verrebbero congelati esclusivamente in base alla nazionalità del titolare. Una cosa illegale e scandalosa. Un domani gli yankees pretenderanno dalle banche elvetiche anche il blocco di tutti i beni cinesi? E’ evidente che dar seguito a simili farneticazioni comporterebbe la distruzione totale della nostra piazza finanziaria. A vantaggio di quella a stelle e strisce. Ed è proprio questo che gli States vogliono. Gli americani nel recente passato hanno lanciato una guerra economica contro la Svizzera. Hanno ottenuto quello che volevano: la partitocrazia calabraghista ha demolito il nostro segreto bancario, azzoppando così una concorrenza scomoda. Gli yankees, per contro, i propri paradisi fiscali se li tengono ben stretti (si pensi solo al Delaware, lo Stato del RimbamBiden). E poi pretendono di dare lezioni di “trasparenza” a noi? E pure di farci la morale? Ma che vadano a Baggio a suonare l’organo!

Tolla senza limiti

Ma la faccia di tolla dell’ambasciatore USA non conosce limiti. Prima afferma di comprendere e rispettare la neutralità elvetica, poi dimostra di fare tutto il contrario. Ed infatti avanza la scandalosa pretesa che la Svizzera partecipi alla task force internazionale istituita per inventarsi il sistema per confiscare, ossia RUBARE, i soldi dei borsoni russi.

Non ancora contento, l’americano si permette di blaterare che il parlamento svizzero dovrebbe “consentire la riesportazione di armi (verso l’Ucraina) il prima possibile”. Riesportazione che è vietata dalla legge. Ma i balivi di Washington delle nostre leggi e della nostra Costituzione se ne impipano. Forse al signor Miller è sfuggito che, se anche la partitocrazia serva degli UE e degli USA dovesse un domani autorizzare la riesportazione di armi alla faccia della neutralità, il referendum sarebbe garantito. Non siamo la Francia dove, invocando bizzarri articoli costituzionali, un aspirante monarca può imporre i propri diktat tagliando fuori parlamento e popolo.

La crisi inventata

E non è ancora finita. Lo Scott (lui scott, il suo presidente bollito) si permette pure di affermare che la Svizzera starebbe “attraversando la più grave crisi dalla seconda guerra mondiale” (ö la Peppa!) perché “confrontata con il significato della neutralità”. Ma va là! In crisi saranno, forse, i politicanti della casta e la stampa di regime. La popolazione, alla faccia dei sondaggi farlocchi, la neutralità la vuole mantenere eccome. Tutti a firmare l’iniziativa per il ritorno alla neutralità integrale!

E’ improponibile che il portaborse di Washington si permetta di inventarsi “crisi” in Svizzera nel tentativo di dare spessore alle proprie pretese. Altrettanto inaccettabile è che il governicchio federale non lo rimetta al suo posto. Costui va rimandato oltreatlantico a sventolare la bandierina arcobaleno. Fosse almeno quella della pace… invece è l’altra.

Lorenzo Quadri