Accordi con l’Italia? Ne facciamo a meno
Mentre con gli accordi Rubik si perseguono solo gli interessi degli Stati che hanno decretato guerra economica alla Svizzera, una guerra cui il Consiglio federale ha dimostrato di non saper reagire se non cedendo su tutta la linea, la Germania ripaga le calate di braghe elvetiche acquistando dati di CD rubati. Un comportamento criminale. E’ quindi evidente che con un simile partner non si tratta nemmeno, altro che pensare di consegnargli – come calcola la stampa tedesca – una pioggia di miliardi!
D’altra parte, se gli accordi Rubik verranno fatti saltare dallo stesso parlamento tedesco, per noi sarà tanto di guadagnato. Il colmo è che, mentre tali accordi ciurlano ampiamente nel manico in Germania, la solita ministra del 5% sta “negoziando” (per modo dire) con l’Italia, un Paese in fallimento. Che si permette di trattarci da Stato-canaglia, quando il Ticino dà lavoro a 55mila frontalieri ed è dunque una risorsa essenziale per la vicina ed ex amica Penisola.
Nei giorni scorsi è stato reso noto quali sono i cinque punti della trattativa con l’Italia stabiliti dal Consiglio federale: regolarizzazione degli averi detenuti in Svizzera da contribuenti italiani, imposizione alla fonte dei futuri redditi di capitali, revisione della convenzione per evitare le doppie imposizioni con l’Italia, imposizione dei frontalieri e rimozione della Svizzera dalle black list.
Come al solito, il Consiglio federale si sta facendo infinocchiare dagli interlocutori d’Oltreconfine.
Tanto per cominciare, non c’è alcuna fretta di mandare soldi all’Italia, tanto più che, come visto, gli accordi Rubik con la stessa Germania traballano: da un lato sono stati referendati in Svizzera (firmate tutti!) dall’altro sono messi in discussione pure in Germania. E allora cosa tratta la ministra del 5%?
Quindi: non abbiamo bisogno di accordi con l’Italia.
Inoltre: è poco ma sicuro che il Belpaese, una volta ottenuti i soldi dalla Svizzera, ci farà cippelimerli sui ristorni dei frontalieri. Ed è altrettanto sicuro che la ministra del 5% lascerà correre. Tanto a dover pagare ristorni spropositati è il Ticino, per cui chissenefrega!
Black list: premessa, non obiettivo
Poi c’è la questione delle black list, inserita negli obiettivi della trattativa. Inserita a torto. Perché togliere la Svizzera dalle black list italiane, che sono illegali, non deve essere un obiettivo della trattativa. Deve essere una premessa. Se la Svizzera non viene cancellata dalle black list non si tratta nemmeno. Il Consiglio di Stato ha sbloccato – a torto – i ristorni dei frontalieri. Era un gesto di fiducia nei confronti dei vicini a sud. L’Italia, in cambio, avrebbe dovuto eliminare il nostro Paese dalle sue illegali black list. Non l’ha fatto. La fiducia è stata tradita: come da copione. E allora? Allora si bloccano i ristorni dell’anno prossimo e non si tratta proprio un bel niente. Per quale motivo la Svizzera dovrebbe versare miliardi all’Italia ed inoltre pure abbassarsi al ruolo, servile, di esattore fiscale per conto della vicina ed ex amica Penisola? Mentre dall’Italia continuano ad arrivare frotte di frontalieri e padroncini che soppiantano i Ticinesi nelle assunzioni? Sfruttati da un lato e trattati da Stato canaglia dall’altro. Ecco in che situazione siamo messi.
All’Italia non bisogna dare proprio nulla ed anzi, è diventato necessario chiudere il rubinetto dei permessi G per frontalieri, per lo meno negli uffici. Prima devono lavorare i ticinesi, i nostri vicini a sud chiedano un impiego al loro governo non eletto.