La  famigerata agenzia delle entrate italiana, nota per le performance illegali (vedi fiscovelox) insiste nel considerare la Svizzera uno Stato canaglia. L’impostazione emerge chiaramente dalle dichiarazioni rilasciate dal direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate a margine di una conferenza stampa.

Secondo il citato alto funzionario, non c’è motivo per levare la Svizzera dalla black list italiana dei paesi che non collaborano sotto il profilo fiscale. Questo malgrado il segreto bancario sia stato progressivamente smantellato.

Bene, speriamo che questa ed altre affermazioni analoghe aprano finalmente gli occhi anche alla Confederazione ed al Consiglio federale, che ancora culla illusioni su una vicina normalizzazione dei rapporti con l’Italia. Non solo, ma riteneva pure ingiustificata l’iniziativa cantonale ticinese, approvata invece dal Consiglio nazionale durante la scorsa sessione, che chiedeva una drastica riduzione della quota dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri.

 Tale normalizzazione dei rapporti è invece ancora al di là da venire, ciò che implica in primo luogo che il blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri deve venire mantenuto anche per quel che riguarda gli importi del 2011, e nella misura del 100%.

Ancora una volta, Oltreconfine ci si dimentica che il solo Canton Ticino dà lavoro a 54mila frontalieri italiani;  circostanza, questa, che imporrebbe un trattamento ben diverso. A ciò si aggiungono svariate migliaia di padroncini. Un simile numero di addetti non solo è tutt’altro che necessario all’economia ticinese, ma costituisce, al contrario, un pregiudizio per il nostro mercato del lavoro. Pregiudizio ampiamente dimostrato dall’aumento dei casi di assistenza: solo a Lugano si è raggiunta a fine 2011 la quota mille, mentre nel 2010 c’erano 200 casi in meno.

Dato che la vicina Penisola insiste nell’inserire la Svizzera in black list arbitrarie, allora non si vede per quale motivo, in nome della tanto decantata reciprocità che dovrebbe informare i rapporti bilaterali, la Svizzera non dovrebbe a sua volta inserire l’Italia in una lista nera, parimenti arbitraria. Una lista che preveda, ad esempio, importanti limitazioni unilaterali della libera circolazione delle persone con il Belpaese. Magari stabilendo che, da subito, non viene più rilasciato alcun permesso per frontalieri a cittadini italiani per quel che riguarda il settore terziario.

Ma si potrebbe anche pensare di mettere in difficoltà i negozi italiani della fascia di confine (in particolare i grandi magazzini) che apertamente puntano alla clientela ticinese, tramite l’introduzione di franchigie molto basse per la spesa transfrontaliera.
Trattare con i guanti chi, dal canto suo, non perde occasione per prenderci a pesci in faccia, è chiaramente contrario al principio della reciprocità. Un principio che deve valere anche nel campo delle ritorsioni.

Lorenzo Quadri

Consigliere nazionale

Lega dei Ticinesi