L’Olanda dice basta alla multikulturalità

In sempre più paesi europei si fa strada la consapevolezza che la multikulturalità è completamente fallita. Il buonismo internazionalista ha portato ad un risultato aberrante: a comandare sono minoranze in arrivo da culture diverse. Minoranze che non vogliono integrarsi, ma anzi: vogliono imporre le proprie regole nel paese ospite.
Il governo olandese, primo in Europa, ha deciso di voltare pagina, promuovendo un nuovo sistema di integrazione. Un sistema di integrazione che esclude il fallimentare modello multikulturale, attribuendo invece un ruolo centrale ai valori fondamentali del popolo olandese.
Il nuovo modello nasce da una constatazione quasi banale, ma molto importante: i cittadini olandesi non si sentivano più a casa loro nel proprio paese. Un problema che non è solo olandese, anche se è pur vero che, a quelle latitudini, i campanelli d’allarme sarebbero dovuti scattare ben prima. Ovvero, al più tardi nel 2005 quando un regista, Theo Van Gogh, venne ammazzato in pieno giorno in mezzo ad una strada per aver realizzato un documentario di denuncia contro l’integralismo islamico. Si trattava del famoso “Submission”, che il festival del film di Locarno rifiutò di proiettare per paura.
Il nuovo modello olandese si traduce, per l’immigrato, in una serie di obblighi precisi.
Prima di tutto, il migrante in arrivo da altre culture, e si pensa in particolare ai musulmani, si scordi di potersi comportare nel paese ospite come si comportava a casa sua. Del resto, se voleva continuare a seguire le proprie regole, impipandosene di quelle di una democrazia occidentale, a casa sua doveva rimanerci.
Quindi: obbligo di imparare la lingua, tanto per cominciare, e deciso inasprimento dei provvedimenti nei confronti dell’immigrato che non rispetta le leggi ed i valori del luogo. Verranno inoltre tagliati gli aiuti all’integrazione dei musulmani in quanto «non è compito del governo integrare gli immigrati». Questi infatti devono integrarsi per conto loro o, se non vogliono farlo, tornare da dove sono venuti. Misure severe sono inoltre previste contro gli islamici che diminuiscono volontariamente le proprie possibilità di trovare un lavoro con le loro scelte d’abbigliamento.
L’esecutivo intende inoltre, udite udite, introdurre un divieto di portare il burqa nei luoghi pubblici a partire dal primo gennaio 2013.
Su questo tema in Ticino un comitato interpartitico presieduto dal “Guastafeste” Giorgio Ghiringhelli ha condotto in porto, con ampio successo (ben 12mila le firme raccolte), un’iniziativa popolare che mira ad introdurre un analogo divieto. L’audizione di alcuni promotori presso la Commissione delle petizioni del Gran Consiglio ha solo dimostrato la nullità di taluni commissari. E’ ovvio che gli iniziativisti non tollereranno che si faccia melina. Intanto, nella sessione che inizierà domani, il Consiglio nazionale deciderà sull’iniziativa cantonale argoviese che chiede, anch’essa, l’introduzione di un divieto di portare il burqa nei luoghi pubblici. Una decisione che costituirà un’interessante cartina di tornasole sull’orientamento delle camere federali.
Tornando in Olanda, il nuovo modello di integrazione costituisce un passo decisivo, poiché è la prima volta che un esecutivo europeo prende chiaramente e concretamente posizione a favore del proprio popolo ed ammette i danni arrecati dall’immigrazione. Non una sortita estemporanea di qualche premier in campagna elettorale, ma un vero programma di governo. Che va seguito con attenzione.
Lorenzo Quadri