Nuove restrizioni del Belpaese. Intanto noi paghiamo i tamponi a chi fa la spesa in Italia
Prosegue la pantomima delle restrizioni doganali (imposte da Roma) all’entrata degli svizzerotti in Italia. Il ticinese che vuole varcare (legalmente) la ramina non solo dovrà presentare un test negativo (rapido o antigenico) non più vecchio di 48 ore. Non solo dovrà farsi il tampone anche se è vaccinato o guarito dallo stramaledetto virus cinese. Non solo ai test si dovranno sottoporre anche i bambini di due anni (produttori di tamponi e farmacisti ringraziano). Ma da domani dovrà pure compilare un modulo elettronico di localizzazione, l’ennesimo Grande fratello che comporta la consegna dei propri dati ad uno Stato estero! Avanti con le “chicane”!
Intanto gli svizzerotti fessi:
Situazione grottesca
La situazione è a dir poco grottesca, con i commercianti italici imbufaliti per le misure ai confini decise dal loro governo (non certo dal nostro) che scoraggiano la clientela in arrivo dal nostro Cantone. Ohibò, adesso l’Italia si è accorta di avere bisogno dei ticinesi. Ma come, non eravamo degli untori?
La vicenda ben dimostra funziona la reciprocità nei rapporti tra Svizzera e Belpaese: ovvero a senso unico. La Confederella, come ben sappiamo, ha sempre fatto entrare tutti senza uno straccio di controllo, e per qualsiasi motivo.  Virus o non virus.  Tutti gli altri paesi hanno introdotto restrizioni all’entrata. Ma il governicchio federale, rispondendo nei giorni scorsi ad un atto parlamentare di chi scrive, ancora se ne esce a blaterare che “restrizioni supplementari ai valichi limiterebbero in maniera sproporzionata la vita sociale ed economica nelle regioni di frontiera”. Corbezzoli! Peccato che i vicini a sud questi problemi non se li pongano proprio! Ma i fessi della situazione dobbiamo essere sempre e per forza noi?
La spesa tricolore
La polemica sulle misure che la Penisola ha introdotto ai valichirilancia la questione della spesa in Italia.
Al proposito il principio deve essere: ognuno lavora e fa la spesa nel proprio paese. Guadagno in Ticino, spendo in Ticino. Ci sono però persone che si trovano in difficoltà . Che un lavoro non ce l’hanno (ad esempio perché sono stati lasciati a casa e sostituiti da frontalieri). Per loro, la spesa frontaliera diventa una necessità . Queste persone dicono: volentieri farei la spesa in Ticino se avessi un lavoro che me lo consente. Per situazioni del genere bisogna avere comprensione. Tuttavia, sappiamo benissimo che tra gli habitué dello shopping oltreramina ci sono anche parecchiepersone benestanti: liberi professionisti, magistrati, addirittura alti funzionari. Costoro evidentemente non possono invocare alcuna attenuante economica per la loro scelta. E quindi, per loro, comprensione zero!
D’altra parte è pure evidente che i commerci, in particolare i grandi magazzini, dovrebbero quanto meno dare il buon esempio ed assumere ticinesi. Se loro sono i primi ad attingere a personale della vicina Penisola, poi hanno poco da lamentarsi e da lanciare appelli.
La soluzione è semplice
Comunque, se il Belpaese vuole impedire l’ingresso degli svizzeri, buon pro gli faccia. La soluzione è semplice. In effetti basta: