Il prossimo 18 maggio i votanti ticinesi saranno chiamati a pronunciarsi anche sul moltiplicatore cantonale d’imposta con freno al deficit.
Dietro ai tecnicismi si nasconde, di fatto, un meccanismo che serve per aumentare le imposte. Un meccanismo che si vorrebbe inserire addirittura nella Costituzione cantonale. Il che è del tutto aberrante; ma naturalmente nessuno di quanti strillavano, ad esempio, contro l’inserimento del divieto di burqa nella Carta fondamentale dello Stato ha avuto, questa volta, alcunché da obiettare. Anzi.
Evidentemente mettere le mani nelle tasche del contribuente è politikamente korretto, difendere i principi della nostra società occidentale, no.
Farina della $inistra
Il moltiplicatore cantonale, sebbene proposto dalla direttrice del DFE targata PLR Laura Sadis, non è farina del sacco liblab. Infatti è una proposta nata nelle botteghe del P$, che l’ex partitone ha, ma tu guarda i casi della vita, fotocopiato (ultimamente gli capita sempre più spesso).
Trattasi dunque dell’ennesima iniziativa Xerox; ma il fatto che la paternità sia $ocialista ben dimostra come il moltiplicatore cantonale di “liberale” non abbia nulla. Non a caso è un grimaldello per aumentare le tasse – che è poi l’obiettivo principe della politica di $inistra. Non già creare ricchezza e benessere, dunque. Semplicemente, prelevare. Attingere.
Il moltiplicatore cantonale ed il freno al deficit sono inoltre la dimostrazione “plastica” del fallimento della gestione finanziaria della ministra Sadis. Visto che non si riesce a contenere la spesa pubblica, perché questo è il vero problema, allora ecco che ci si inventano i meccanismi non già per tenerla sotto controllo, bensì per coprire i buchi. E per coprirli andando a pescare nelle sempre più esauste tasche del contribuente. Dove per contribuente si intende in prima linea il ceto medio. Quello che paga le imposte fino all’ultimo centesimo e non gode di alcun supporto. Quello che non è abbastanza ricco per essere considerato fiscalmente interessante e quindi per poter beneficiare di “offerte fiscali speciali”; ma che non è nemmeno abbastanza povero per usufruire di aiuti o di aliquote sociali (giustamente) favorevoli.
Nel mirino c’è dunque il ceto medio e “massime”, come dicono gli akkulturati, i proprietari di una casetta o di un appartamento, già proditoriamente colpiti dalla ministra PLR Sadis con una “graziosa” decurtazione delle deduzioni sul valore locativo. Decurtazione fatta più o meno di nascosto, che mira a portare nelle casse cantonali una quindicina di milioni all’anno in più.
Non si tocca la spesa, ma…
Invece dunque di contenere la spesa pubblica, si alza bandiera bianca. La si alza davanti ai costi di un’amministrazione pubblica elefantesca, che si autoalimenta e che comanda assai più del governo. E la si alza davanti ai sussidi elargiti ad innaffiatoio; ed in particolare a stranieri che nemmeno dovrebbero essere in Ticino. Però sono qui. Ed attingono. Vedi i permessi B in assistenza, tanto per fare un esempio.
Per evitare il profondo rosso nei bilanci cantonali, si inventa il freno all’indebitamento. Non già alla spesa.
Il problema sono le uscite. Ma su questo fronte si rinuncia ad intervenire in modo serio. Perché non si è capaci. Lo ha ammesso la stessa ministra Sadis con l’improvvida dichiarazione: “E’ ora di cominciare a contenere le spese”. Già. Ma, se ciò non è stato fatto fino ad ora, non lo si farà nemmeno in futuro.
Non si toccano le uscite, però si interviene sulle entrate. Tramite, appunto, il moltiplicatore cantonale. Che serve ad aumentare le imposte. Già la competitività fiscale del Ticino è a ramengo. Siamo negli ultimi posti della classifica intercantonale. Immaginiamoci a cosa porterebbero tasse ancora più elevate. Fuga (o mancato arrivo) di buoni contribuenti e, dunque, mungitura sempre più estrema di quelli restanti. Proprio una bella prospettiva.
Con a disposizione il giocattolino, magari addirittura imbucato di straforo nella Costituzione, per aumentare le imposte, chi si cimenterà con l’ingrato – e non pagante elettoralmente! – compito di contenere la spesa? La risposta è scontata.
Tanti sono i motivi, dunque, per depositare nelle urne un bel NO il prossimo 18 maggio.
Lorenzo Quadri