Foto sui documenti d’identità: perché il  velo sì e lo scolapasta no?

Il pastafarianesimo è una bizzarra religione creata nel 2008 dal fisico statunitense Bobby Henderson.
Basandosi sul principio dell’indescrivibilità di Dio, il filosofo Bertrand Russel sostiene che Dio può essere identificato in qualsiasi cosa, anche in una teiera rosa che galleggia nello spazio. I pastafariani fanno proprio questo concetto e rappresentano la propria divinità come un mostro extraterrestre fatto di spaghetti e polpette (negli Stati Uniti gli spaghetti si servono con le polpette).

I pastafariani hanno anch’essi i loro dettami religiosi, tra cui quello di coprirsi il capo con uno scolapasta.
Ed ecco che ci avviciniamo al punto. La Confederazione ha emanato prescrizioni particolarmente restrittive per le foto che devono comparire sui documenti d’identità. Vietato sorridere, vietate le fasce per capelli,  vietati i copricapi. Con un’eccezione: il velo islamico si può portare.

Il Consigliere nazionale Udc Oskar Freysinger ha presentato una mozione in cui si chiedeva che il velo islamico non venisse autorizzato. Il governo, nelle scorse settimane, ha risposto picche. Che strano eh?

I conti non tornano
Ancora una volta i conti non tornano. Se una fascia per capelli non è autorizzata perché nuocerebbe all’identificazione della persona ritratta (quindi per motivi di sicurezza) non c’è alcuna ragione per cui un velo islamico, ben più ingombrante, dovrebbe invece essere consentito.
 L’ennesima scelta toppata, invece, fa un minestrone tra le esigenze di sicurezza e quelle di una religione estranea alla nostra cultura. E, “naturalmente”, dà la precedenza a queste ultime. Pur di assecondare gli islamici si sacrifica la sicurezza. Perché agli immigrati non bisogna imporre nulla, non sia mai che ci accada l’incommensurabile sciagura di venire tacciati di xenofobia e razzismo…

Ebbene, se è possibile fare la foto per il passaporto con il velo islamico per motivi religiosi, allo stesso modo deve essere possibile scattarla con in testa lo scolapasta dei pastafariani.

Ma così non è. Sullo scorso numero del Mattino della domenica, a pagina 33  è pubblicata la lettera di Liliane, studentessa ticinese di filosofia cui è stato rifiutato di posare per il passaporto indossando il copricapo della sua religione: lo scolapasta, appunto. Va rilevato che in Austria e nella Repubblica Ceca i pastafariani hanno ottenuto l’autorizzazione di indossare il loro cappello nelle foto sui documenti ufficiali. Nello Stato di New York, un consigliere comunale ha prestato giuramento sfoggiando con orgoglio un colino.

Attendiamo la risposta
Quella di Liliane è una protesta sottile, ironica e civilissima. Se nelle foto per i documenti d’identità è possibile indossare un copricapo per motivi religiosi, perché un velo sì e uno  scolapasta (che oltretutto nasconde il viso meno di un velo, quindi è maggiormente compatibile con i dettami di sicurezza) no? E’ un’evidente discriminazione.
La studentessa intende chiedere alle autorità una posizione ufficiale al proposito. Una posizione che siamo curiosi di conoscere.

Così vedremo se l’eccezione al divieto di coprirsi la testa nelle foto ufficiali è davvero dettata dalla libertà di religione – e allora deve valere anche per gli scolapasta pastafariani – o se si tratta, invece, dell’ennesima calata di braghe “politikamente korretta” davanti ad una minoranza, sempre la stessa, di immigrati che non si vuole integrare nel paese in cui vive. Vedremo subito, in altre parole, se dietro certe scelte c’è la parità di trattamento tra cittadini di fede diversa dalla nostra o se invece la molla è il terror panico di essere accusati di chiusura, xenofobia e – orrore! – islamofobia. Inutile dire che sappiamo già la risposta. Qualcuno saggiamente diceva: “una risata vi seppellirà”.

Lorenzo Quadri