Zurigo: nessuna informazione sul passaporto di chi commette reati. Mentre da noi…

 

Evviva! Ecco arrivare, da Zurigo,  l’ennesimo esempio della trasparenza con cui i kompagnuzzi amano riempirsi la bocca, naturalmente solo quando fa comodo a loro. La città a governo rossoverde ha infatti deciso che la sua polizia continuerà a non indicare, nei comunicati ufficiali, la nazionalità dei delinquenti. Perché, secondo i $inistrati con la morale – e la legalità, e appunto la trasparenza a senso unico – questa sarebbe “falsa trasparenza”.

Ma tu guarda che faccia di lamiera. Ci spieghino i rossi ed i verdi anguria (verdi fuori, rossi dentro) per quale strano motivo la trasparenza quando fa comodo a loro è un imprescindibile dovere civico, mentre sulla criminalità d’importazione è intollerabile. Questa si chiama censura di regime, ed è un leitmotiv della gauche-caviar. La quale blatera senza vergogna di libertà di stampa, di tolleranza, di “rispetto in politica”, di morale, e di tante altre belle e politikamente korrettissime cosette. Che però devono valere rigorosamente a geometria variabile. Libertà e tolleranza solo per chi la pensa come i $inistrati. Per gli altri – in particolare per i “beceri populisti” – bavagli, intolleranza e campagne d’odio!

Nascondere i fatti sgraditi

La censura di regime decisa in quel di Zurigo sulla nazionalità dei delinquenti mira a tenere nascosto il dilagante fenomeno della criminalità d’importazione, generato dalla scellerata politica delle frontiere spalancate, del “devono entrare tutti” e del “non si espelle nessuno”. I primi fautori di questa politica sono proprio il PS (Partito degli Stranieri) e dintorni. Sicché lorsignori pretendono di “scopare sotto il tappeto” i disastri provocati dalle loro ideologie. Chi li denuncia va infamato e delegittimato come razzista e fascista. Avanti così, kompagni, che alle elezioni arriverà il “premio”. Intanto ricordiamo – così, tanto per gradire – che all’hotel Stampa ci sono spesso e volentieri l’80% di detenuti stranieri.

E’ evidente che da parte nostra non solo vogliamo sapere la nazionalità dei delinquenti, ma anche da quanto tempo si trovano in Svizzera, se sono a carico dello Stato sociale, se si tratta di persone “già note alla giustizia”. In caso di cittadini svizzeri, vogliamo invece sapere se si tratta di naturalizzati.

Il malvezzo

In materia di passaporto dei delinquenti, alle nostre latitudini le autorità sono assai più trasparenti che a Zurigo, e ci mancherebbe altro. Tuttavia si nota il malvezzo, ma guarda un po’, di indicare come “ticinesi” o “svizzere” persone che sono residenti in Svizzera ma non per questo hanno il passaporto rosso. C’è una bella differenza. (Un po’ come i presunti “frontalieri ticinesi della spazzatura” di cui si è a lungo (s)parlato in quel di Como, ma che in realtà sono italiani).

Oppure capita di dimenticare “dettagli” non proprio irrilevanti.

Esempio recente: la famiglia di sei persone arrestata una settimana fa in un campeggio di Cadenazzo per aver aggredito altri ospiti della struttura. La stampa di regime si è affrettata ad indicare che si trattava di “cittadini Svizzeri, residenti in Romandia” (quando i delinquenti sono svizzeri, chissà come mai, ogni reticenza viene a cadere).  Si è però “scordata” di precisare che si trattava di una famiglia di nomadi. Che brutti scherzi gioca la memoria, eh?

Lorenzo Quadri