Finalmente ha trovato pane per i suoi denti!

A Locarno, invece, era stato accolto e riverito dal municipale PLR Salvioni come “un intellettuale (!) che va ascoltato”. A quando il divieto di entrare in Svizzera?

E ben gli sta! Il sedicente imprenditore algerino Rachid Nekkaz è stato arrestato a Parigi a margine, a quanto sembra, di una manifestazione islamica.

Il Nekkaz è quello che arriva in Ticino, assieme alla svizzera convertita all’islam radicale, ad inscenare squallidi teratrini a sostegno della violazione del divieto di burqa – e quindi della legge e della Costituzione votata dal popolo ticinese.

A Parigi Nekkaz ha trovato finalmente pane per i suoi denti. Non così a Locarno, dove  in luglio è stato ricevuto dal municipale PLR Niccolò Salvioni  come “un intellettuale che va ascoltato, una persona moderata ed affabile, con argomenti filosofici interesanti” e avanti con i grotteschi salamelecchi.

Bellissimo: un algerino arriva in Ticino a dire che bisogna violare legge e Costituzione – naturalmente tramite manifestazione non autorizzata, perché costui si crede al di sopra delle regole – e  cosa incontra? Il municipale liblab di turno che lo accoglie e lo riverisce come se si trattasse di un illustre intellettuale in visita di cortesia.

A quando il divieto d’entrata?

Quale sia poi il livello “intellettuale” del Nekkaz lo si è ben visto al momento dell’arresto a Parigi, quando l’ “affabile e moderato” (Salvioni dixit) “signore”, evidentemente fuori dalle pezze, è sbroccato con incredibile arroganza e cafonaggine contro gli agenti con affermazioni del tipo: “Lei è una vergogna per la Polizia francese”.

Chissà cosa ne pensa la kompagna Simonetta Sommaruga della prestazione parigina del Nekkaz?

Adesso aspettiamo che, dopo l’arresto a Parigi, per l’ “imprenditore” algerino arrivi anche il divieto di entrare in Svizzera. Quel divieto che il Consiglio federale ha a più riprese rifiutato di pronunciare poiché il Nekkaz non rappresenterebbe un problema per l’ordine pubblico; peccato che l’arresto parigino indichi altro. Ma il fatto è che al Consiglio federale il divieto di burqa dà fastidio perché “bisogna aprirsi” all’estremismo islamico e all’islamizzazione della Svizzera. E quindi non si sogna di difenderlo. Ad ennesima dimostrazione che, per i camerieri dell’UE, la volontà popolare non conta un tubo.

Lorenzo Quadri