Immigrazione nello Stato sociale: ogni Cantone fa un po’ a modo suo. E in Ticino…
Anche in Svizzera interna la questione del ritiro di permessi B o C a stranieri in assistenza comincia a farsi urgente. A dar il là, il caso dell’imam predicatore d’odio di Nidau. Quello che ha stuccato al contribuente 600mila franchi nel corso degli anni. Costui continuava ad incassare prestazioni sociali “come se niente fudesse”; nel frattempo, non compiva alcuno sforzo per integrarsi. In effetti, non aveva alcuna intenzione di integrarsi. Il suo obiettivo era radicalizzare. E farsi mantenere dall’ente pubblico mentre svolgeva tale attività. E’ evidente che, se l’andazzo è andato avanti per anni, ciò significa che a questo imam integralista nessuno ha mai chiesto nulla. I permessi gli venivano rinnovati in scioltezza. E’ chiaro che non si tratta di un caso isolato. Oltregottardo hanno dunque cominciato a guardarsi in giro. E hanno scoperto alcune cosette curiose.
Rimedio all’invecchiamento?
Tanto per cominciare, salta fuori in Svizzera nel 2015 (lo scrive di recente la SonntagsZeitung) c’erano 266mila persone a carico della socialità e quasi la metà erano titolari di permessi B o C. Hai capito? Altro che “immigrazione uguale ricchezza”. Altro che la fregnaccia degli immigrati che pagherebbero le pensioni degli svizzeri. Altro che la bestialità dell’immigrazione incontrollata quale unico rimedio possibile all’invecchiamento della popolazione! Basta con queste idiozie politikamente korrette che la casta spalancatrice di frontiere cerca di imporci a suon di lavaggi del cervello. Il problema dell’invecchiamento della popolazione non ce l’ha di sicuro solo la Svizzera. Ce l’hanno anche altri paesi. Come ad esempio il Giappone. Dove però l’immigrazione è prossima allo zero e gli stranieri sono meno del 2% degli abitanti. E non crediamo proprio che i giapponesi siano destinati all’estinzione. Per cui, non farsi invadere si può eccome! Anche in presenza di un problema di denatalità.
Del resto, se avessero una certa sicurezza economica ed occupazionale, anche gli svizzeri farebbero più figli. Invece c’è chi rinuncia per paura di non poterli poi adeguatamente mantenere. Chiaro: spalancando le frontiere si è mandato a ramengo il nostro mercato del lavoro. Ovvio quindi che gli svizzerotti coscienziosi si pongano degli interrogativi prima di formare una famiglia. Per contro, certi stranieri in arrivo da altre culture il problema delle risorse necessarie a mantenere la prole non se lo pongono nemmeno. Anzi: fanno figli a cadenza di uno ogni tre anni per poter staccare sempre nuovi assegni di prima infanzia. E nümm a pagum.
Parametri diversi
Per tornare a bomba. La domanda che nasce spontanea è quella a sapere come mai con una percentuale così alta di stranieri che non è autonoma finanziariamente può rimanere in Svizzera. E al proposito le inchieste svolte oltregottardo hanno portato alla luce due cosette interessanti. Primo, che malgrado il numero degli stranieri a carico dello stato sociale sia alquanto elevato, quello del ritiro di permessi è molto piccolo. Ad esempio, lo scorso anno il Canton Berna ne ha ritirati solo 11, Basilea Campagna 8 e Argovia due.
Secondo, che ogni Cantone nella revoca (o non rinnovo) dei permessi a stranieri a carico della collettività applica parametri diversi. C’è chi è più restrittivo e chi lo è molto meno.
Sicurezza in pericolo
La situazione attuale non solo ci svuota le case pubbliche e fa galoppare il nostro stato sociale verso l’infinanziabilità. Costituisce anche un pericolo per la sicurezza. Perché – e l’ha detto di recente un esperto di islam, non la Lega populista e razzista – ad essere particolarmente attratti dalla facilità con cui in Svizzera gli ultimi arrivati si possono abbarbicare alla mammella pubblica sono gli estremisti islamici. Come il predicatore d’odio di Nidau, appunto.
Diventare i primi della classe
Da qui la necessità di darsi una svegliata, ma in fretta. Si renda finalmente chiaro a tutti che la pacchia è finita. Lo stato sociale svizzero non è un self service aperto all’intero pianeta. Da Paesi come il Giappone, l’USA e l’Australia abbiamo molto da imparare. Entra solo chi ha un lavoro e si mantiene da sé. I permessi B che gravano sulle spalle del nostro stato sociale devono partire tutti; questo è il minimo. E i kompagnuzzi strillino e manifestino pure quanto vogliono. Il Ticino è uno dei Cantoni maggiormente presi d’assalto per la sua socialità generosa e per la sua posizione geografica. Doveroso, quindi, che dia l’esempio di rigore. In questo sì che dobbiamo diventare i primi della classe. Non certo nell’accogliere finti rifugiati con lo smartphome, come invece vorrebbe la kompagna Sommaruga.
Fa benissimo dunque il direttore del DI Norman Gobbi ad adottare una politica restrittiva in campo d’immigrazione e di ritiro di permessi a chi è qui per farsi mantenere. Anzi, rilanciamo e diciamo che, finché il Ticino non sarà diventato il Cantone più rigoroso di tutti, bisognerà andare avanti a stringere le viti!
Lorenzo Quadri