Come c’era da attendersi, a maggioranza il Consiglio di Stato ha deciso di versare i ristorni dei frontalieri all’Italia. Ulteriore dimostrazione che di leghisti in governo ce ne vorrebbero tre…

Una scelta definita dalla maggioranza governativa di “ragionevolezza e pragmatismo”. Tradotto in parole povere: una calata di braghe. A cui però qualcuno ha pensato di poter supplire con una lunga e arrampicata lettera al Consiglio federale. La missiva finirà nel capiente dimenticatoio bernese. L’esperienza dimostra che il Ticino viene considerato solo quando ha il coraggio di fare uno strappo.

Arriverà, certo, la rispostina di circostanza. A Bellinzona arriveranno anche, il tre luglio, i Consiglieri federali in gita scolastica: strafogandosi di salametti e Merlot ci racconteranno, con espressione contrita, quanto abbiano a cuore le difficoltà ed i problemi del Ticino. Poi, appena tornati Oltregottardo, faranno “reset”. Si dimenticheranno tutto. In fondo, per loro, i problemi ed i Cantoni che contano sono ben altri.

 

L’unico strumento efficace

Il blocco dei ristorni, vituperato dai partiti $torici in quanto proposto della Lega, è l’unico strumento di pressione efficace nei confronti sia di Berna che dell’Italia. Non per nulla lo scorso anno la ministra del 5% Widmer Schlumpf convocò la deputazione ticinese alle Camere federali con la richiesta di convincere il governo cantonale a versare i ristorni, in quanto le trattative con il Belpaese sarebbero state “ad un passo dalla conclusione”: al più tardi in primavera si sarebbero portati a casa “accordi vantaggiosi”. Campa cavallo.

Aggiunse pure, la ministra del 5%, che, se non si fosse giunti alla conclusione prima di quest’estate, non solo non si sarebbe opposta al blocco dei ristorni, ma avrebbe proposto lei stessa iniziative unilaterali da parte della Svizzera: a partire dalla denuncia dell’accordo del 1974.

Adesso abbiamo la dimostrazione che si trattava, ancora una volta, di panzane.

 

La scampagnata

La maggioranza del Consiglio di Stato ha rinunciato ad utilizzare l’unico strumento efficace di pressione a sua disposizione: il blocco dei ristorni. E’ evidente che, se si rinuncia a giocare le proprie carte, non si potrĂ  che essere perdenti.  E pensare di cavare qualcosa dalla scampagnata ticinese del Consiglio federale agendata il prossimo tre luglio, dopo aver gettato nel water il proprio asso nella manica, è un’illusione. Speriamo che nessuno dei ministri ticinesi ci creda veramente. Ci sarebbe davvero di che preoccuparsi.  Non è stata accumulata sufficiente esperienza al proposito?

 

I pretesti

Interessante notare i contenuti della lettera mandata al Consiglio federale e che finirà ben presto nell’archivio rotondo (ossia il cestino della carta straccia).

1)       L’Italia non usa i ristorni per gli scopi indicati negli accordi.

2)        L’Italia è clamorosamente inadempiente sulla Stabio-Arcisate.

3)       L’Italia registra solo 3 migranti su 10, in violazione flagrante e sistematica degli accordi di Dublino.

4)        I ristorni sono un pizzo all’Italia in cambio del riconoscimento del segreto bancario. Ma adesso il segreto bancario è andato a ramengo. Da notare (aggiunta nostra) che il Belpaese è partito all’assalto del segreto bancario svizzero contravvenendo ai termini dell’accordo sui ristorni. Ma gli svizzerotti fessi, invece di denunciare l’accordo, hanno continuato a pagare.

Ma guarda un po’! Questi quattro argomenti ci suonano assai familiari. Infatti, li abbiamo ripetuti innumerevoli volte su queste colonne. Ma, secondo l’allora direttrice del DFE Laura Sadis, non era vero niente. Adesso invece confluiscono nelle lettere del Consiglio di Stato al CF. Allora, chi è che raccontava balle?

Da notare che l’elenco di 4 punti di cui sopra è tutt’altro che esaustivo. Aggiungiamo, ad esempio, che Roma ha denunciato (che pagüüüüraaaa!) il Ticino ai funzionarietti di Bruxelles per l’aumento al 100% del moltiplicatore comunale per i frontalieri.

 

Excusatio

La missiva del CdS sembra inoltre un’excusatio nei confronti dei ticinesi. Un’excusatio per non aver fatto l’unica cosa che si sarebbe dovuta fare: ossia tornare a bloccare i ristorni. Si ottiene però il risultato contrario. Lo stesso governo ammette: gli elementi per non inviare oltreconfine i 60 e rotti milioni c’erano tutti. Però non l’abbiamo fatto. Bravi!

 

Stato-coniglio

L’agitazione che ha preceduto la  fatidica data del versamento dei ristorni (con tanto di nuove richieste alla deputazione ticinese da parte della ministra del 5% e del suo tirapiedi De Watteville e le esternazioni sul Ticino dell’improponibile ambasciatore d’Italia Cosimo Risi) ha ampiamente confermato l’efficacia dello strumento del blocco. Adesso conferma che la maggioranza governativa ha perso il treno. Lo ha lasciato partire di proposito.

Grazie al PLR, al PPD ed al P$, ed ai loro rappresentanti governativi, i nostri interlocutori sia a Berna che a Roma sanno di non avere a che fare con uno Stato canaglia, ma con un ubbidiente Stato-coniglio.

Lorenzo Quadri