Dopo il caso di Balerna sui reati cancellati dal casellario dell’aspirante svizzero

Il  tema delle naturalizzazioni facili è tornato con prepotenza agli onori della cronaca, si fa per dire, a seguito dei fatti di Balerna della scorsa settimana. Questi fatti ci hanno insegnato che in Ticino ci sono gruppi di stranieri, nel caso concreto famiglie kosovare e dominicane, che si fronteggiano in faide. Faide combattute a colpi di machete.

In settimana un giovane coinvolto in una di queste faide rischiava di venire naturalizzato dal consiglio comunale di Balerna. Il giovane in questione aveva dei precedenti penali ritenuti  piuttosto gravi e cumulati quando era ancora minorenne. E allora com’è possibile che un tale candidato potesse venire naturalizzato? Semplicemente i precedenti non figuravano più nell’estratto del casellario giudiziale. Perché erano stato cancellati. Sicché il legislativo comunale non ne era a conoscenza.
Questa situazione ricorda da vicino quanto accade con i permessi B che devono venire rilasciati senza che la Svizzera abbia il diritto di informarsi sistematicamente sui precedenti penali all’estero del candidato. Il risultato è che si rilasciano permessi alla cieca.
 
Quando si naturalizza un aspirante svizzero, non può venire taciuto nulla sui suoi precedenti penali, per il semplice fatto che la naturalizzazione non è un atto dovuto bensì il riconoscimento dell’avvenuta integrazione. E per stabilire se una persona è integrata bisogna conoscerne il comportamento. Tanto più che la naturalizzazione è definitiva e non può essere revocata (se non in caso di atti terroristici). E non sta né in cielo né in terra che a chi (consiglio comunale) deve prendere una decisione di questa importanza vengano negate, magari in nome della privacy o piuttosto del politikamente korretto, informazioni essenziali per poter decidere con cognizione di causa.

Situazione paradossale

La situazione è semplicemente paradossale. Il popolo elvetico ha dimostrato in mille modi di non avere intenzione di tollerare delinquenti stranieri sul nostro territorio. Ogniqualvolta che ce ne è stata l’opportunità, il responso delle urne su questo tema è stato chiaro. Eppure succede l’esatto contrario.
Se a Balerna non è avvenuta la naturalizzazione di un giovane coinvolto in faide  familiari combattute a colpi di machete (nemmeno di cazzotti…) è stato solo per puro caso. Quindi ci possiamo tranquillamente immaginare che ci siano altri casi analoghi, che hanno portato alla naturalizzazione di persone con precedenti penali. Le quali poi sono pure tornate a delinquere con il passaporto rosso. Facendo tra l’altro aumentare artificialmente la smilza percentuale di detenuti svizzeri per rapporto a quelli stranieri.

Privacy di chi?

Le naturalizzazioni facili dunque non sono una fantasia morbosa della Lega populista e razzista. Sono una realtà. La comunità deve  prendere una decisione altamente politica nel momento in cui accetta di  far diventare qualcuno un cittadino elvetico. Questa decisione deve essere presa con cognizione di causa. La comunità se vuole può anche decidere di dare il passaporto rosso ad un candidato con precedenti penali. Va da sé che chi fa questa scelta, che tanto piace ai kompagni, poi se ne assume la responsabilità.

Non si capisce infatti perché la privacy deve andare sempre più a ramengo, ed in particolare quella del piccolo risparmiatore, mentre un’autorità politica chiamata a decidere su una naturalizzazione non deve aver modo di conoscere in maniera affidabile i precedenti delle persone che deve rendere svizzere. Due pesi e due misure? La soluzione a questo punto può essere una sola: rifiutarsi di consegnare passaporti alla cieca. Finché non ci sarà trasparenza sui casellari giudiziari dei candidati, non si naturalizza più nessuno.

Lorenzo Quadri