Tornando indietro di un anno e qualche mese, ai tempi dei dibattiti per le elezioni del Consiglio di Stato, si ricorda chiaramente che il 2012 per quel che riguarda i costi della sanità veniva presentato come l’anno che avrebbe finalmente portato ad un miglioramento: premi di cassa malati inferiori a seguito del noto trasferimento di oneri dalle casse malati al Cantone per il finanziamento delle cure nelle cliniche private, e, contemporaneamente, qualità delle cure inalterata.
Sta invece accadendo l’esatto contrario. A seguito di riforme sia federali che cantonali allettanti sulla carta ma molto meno nella pratica, i sussidi per la riduzione del premio di cassa malati si sono ridotti, di modo che per molti il conto da pagare invece di diminuire è aumentato.
Al peggioramento finanziario rischia adesso di aggiungersi il peggioramento della qualità delle cure se il managed care supererà lo scoglio della votazione popolare.
Il managed care comporta vari punti negativi.
In primo luogo, la limitazione della libertà di scelta del medico: i diritti della personalità del singolo, già “sotto attacco “ in altri ambiti (penso in particolare alle discussioni sul segreto bancario) verrebbero ulteriormente erosi.
Eroso sarebbe il diritto, veramente fondamentale, di potersi rivolgere al medico di fiducia. Al medico che magari ci cura da decenni, e col quale si è instaurato un rapporto di confidenza. Penso in particolare a settori delicati come può essere la psichiatria, dove la rete imporrebbe ai pazienti un percorso veramente problematico, al limite del deleterio, dal punto di vista personale; oppure al settore ginecologico.
Più in generale, il problema esiste per le persone lungodegenti, specie se anziane.
Di fatto, dunque, la libertà di scelta del medico – che reputo un diritto fondamentale – in regime di managed care diventerà un privilegio. Un privilegio riservato a chi può permettersi di pagare il lusso di non aderire ad una rete. Non credo sia questa la direzione da prendere.
Altrettanto negativo è che chi aderisce ad una rete va incontro al rischio di razionamento delle cure. In sistema di managed care la rete di curanti ha un budget per paziente: se lo supera viene chiamata a metterci dei soldi, se spende meno si suddivide la differenza. Tra l’altro se la suddivide senza il paziente…
E’ chiaro che in questo modo la tentazione di monetizzare il paziente è forte. Le ragioni economiche si inseriscono e rischiano di prevaricare le valutazioni di tipo sanitario. E qualcuno potrebbe chiedersi: chi me lo fa fare di rischiare di sforare il budget per curare nel migliore dei modi il paziente anziano e molto malato?
Il managed care contiene l’invito, e nemmeno tanto implicito, al razionamento delle cure. Questo, dal punto di vista non solo della medicina, ma anche della civiltà, è chiaramente un passo indietro.
Vale poi la pena citare anche la spinosa questione della libertà di scelta dell’assicuratore malattia, anch’essa ostacolata in regime di managed care. E qui la politica cade in una nuova contraddizione. Da un lato l’ente pubblico non solo esorta, ma in certi casi (vedi anziani e invalidi a beneficio della PC) pretende che il cittadino trasmigri, se necessario anche annualmente od ogni pochi anni, presso una cassa malati meno cara. Dall’altro però con il managed care si pongono ostacoli importanti proprio a questo passaggio.
C’è quindi da sperare che il 17 giugno il popolo respingerà, con scienza e coscienza, il managed care: un sistema i cui vantaggi economici sono tutti da dimostrare, e soprattutto un sistema che intacca i diritti del cittadino e spalanca le porte al razionamento delle cure.
Lorenzo Quadri
CN Lega