Questa ci mancava: torna alla ribalta la questione dell’inno nazionale svizzero con tanto di concorsi per proporne uno nuovo. Anche col patrocinio della SSR.
Considerando che, alla faccia della storiella del “servizio pubblico” – che è solo una foglia di fico con cui si tenta di giustificare il canone più alto d’Europa – la linea partitica propagandata dalla SSR è quella dello spalancamento delle frontiere, della multikulturalità completamente fallita e della rottamazione della Svizzera, una simile iniziativa è francamente inquietante. Non osiamo immaginare chi sarebbe chiamato a far parte dell’eventuale giuria…
Non se ne sente il bisogno
Al di là dei concorsi, di un nuovo inno nazionale proprio non se ne sente il bisogno. Un inno, come una bandiera, identifica una nazione. Non può essere ridotto ad una semplice questione di gusto, di estetica o di modernità.
Che sia bello o brutto, moderno o datato, un inno nazionale non si cambia; come non si cambia una bandiera. Si ricorderà che qualche squinternato aveva addirittura proposto di sostituire la croce svizzera con una figura priva di richiami religiosi, arrivando ad ipotizzare una bandiera a quadretti (nel caso mancasse una tovaglia, ecco una valida alternativa…). Obiettivo dell’operazione (?): non urtare la sensibilità di minoranze religiose le quali, se si sentono offese dalla nostra bandiera in casa nostra, non hanno che da tornare da dove sono venute.
Solito ritornello
Per l’inno nazionale, il leitmotiv è il medesimo. La pretestuosa esigenza di attualizzazione della musica – e soprattutto del testo – è solo una scusa, debolissima, per trasformare il nostro inno nazionale nell’ennesima ciofeca politikamente korretta, inneggiante alle frontiere spalancate, all’immigrazione senza controllo, al buonismo ottuso, alla fallimentare multikulturalità, alle “aperture”.
Va da sé che il riferimento a Dio, proprio per non “urtare” taluni gruppi di immigrati (quanti a carico del contribuente?) verrebbe immediatamente fatto sparire. E meglio non pensare con cosa verrebbe sostituito.
E a scuola?
E non ci si venga a raccontare la storiella che i concorsi per un nuovo inno nazionale servono a “risvegliare l’interesse per i valori svizzeri”, quando è vero l’esatto contrario. L’obiettivo è farne tabula rasa.
Invece di pensare di cambiare l’inno nazionale, e naturalmente sappiamo già come, si cominci ad insegnarlo nelle nostre scuole, se lo si vuole valorizzare. O c’è forse qualche insegnante partiticamente schierato, oppure qualche funzionario dirigente del DECS o Consigliere di Stato che fa ostruzionismo per motivi ideologici?
Lorenzo Quadri