I contrari all’iniziativa fedeli al motto: “in temp da guèra, püssée ball che tèra”

 

Nel clima di isteria generalizzata creato di proposito dall’establishment attorno alla “criminale” iniziativa No Billag (neanche si trattasse di decidere le sorti della Svizzera! No Billag è oggettivamente un tema secondario) i contrari all’iniziativa hanno scelto di ispirarsi al noto principio: “in temp da guèra, püssée ball che tèra”.

Alle balle, lor$ignori hanno aggiunto le campagne denigratorie ad personam contro chi ufficialmente sostiene l’iniziativa (il comitato dei quattro gatti): la modalità è tipica della $inistruccia, che infatti alla Pravda di Comano la fa da padrona.

1200 disoccupati?

Tra le numerose panzane raccontate, cominciamo a prenderne in considerazione un paio.

La prima: “se passa la (criminale) iniziativa No Billag, la RSI chiude e ci saranno 1200 disoccupati in più”.

 Già il fatto che in Ticino la TV di Stato abbia 1200 dipendenti dovrebbe essere motivo di scandalo e non certo di vanto. Sarebbe come se per l’amministrazione cantonale lavorassero 50mila persone. Bullarsi di essersi gonfiati come una rana grazie all’eccesso di soldi prelevati forzosamente dalle tasche dei cittadini, mentre gli altri media si arrabattano per sopravvivere, non pare una grande strategia difensiva.

La strada è segnata

Ma in ogni caso, né la RSI né la SSR chiuderanno. Dovranno però cambiare radicalmente e – è ovvio – ridimensionarsi. Non solo perché oggi sono pachidermiche in modo del tutto ingiustificato anche per rapporto alla produttività ed alle necessità del territorio e del tanto decantato “servizio pubblico”, concetto stiracchiato senza vergogna per farci rientrare di tutto e di più, tanto il conto lo paga il solito sfigato contribuente. Dovranno cambiare e ridimensionarsi perché la rivoluzione digitale lo impone. Lo stesso direttore generale della SSR Gilles Marchand ha ammesso che è sempre più difficile giustificare un canone obbligatorio per tutti. La strada è dunque già segnata. Non si scappa. Se l’iniziativa No Billag venisse asfaltata, la SSR, e quindi anche la RSI, potrà tirare a campare così come è ora al massimo  per qualche altro annetto. Poi la resa dei conti arriverà comunque.

Chi rischia la cadrega?

Certo, il 5 marzo, in caso di approvazione (oggettivamente improbabile) dell’iniziativa No Billag, qualcuno rischia fortemente di venire lasciato a casa: i dirigenti dell’emittente di regime che l’hanno portata alla bocciatura popolare.

Mai una campagna di votazione è stata combattuta con uno squilibrio così clamoroso tra le forze in campo. Da un lato l’establishment al gran completo. Che spazia a 360 gradi. Dalla partitocrazia che vede minacciato un proprio importante centro di potere (la SSR, che le maggioranze politiche utilizzano per manipolare l’opinione pubblica, per farsi propaganda elettorale, per spartirsi cadreghe ed impieghi) ai greppianti della kultura, che attingono a piene mani ai soldi del canone: lampante dimostrazione che la tassa pro-SSR serve a finanziare un’enorme mangiatoia  a beneficio degli amici degli amici; il servizio pubblico è solo un debole – sempre più debole – pretesto.

Se malgrado la grottesca sproporzione tra le forze in campo in vista del 4 marzo (quattro gatti contro l’intero establishment) la TV di Stato dovesse venire bastonata dalle urne, la responsabilità sarà dei suoi dirigenti e dei suoi conducator politici (Doris uregiatta in prima fila) che hanno voluto andare al muro contro muro, rifiutando qualsiasi compromesso. E’ quindi evidente che qualcuno dovrà fare le valigie. I vertici SSR che declamano slogan catastrofisti in caso di approvazione della “criminale” iniziativa No Billag non stanno difendendo il posto di lavoro dei loro collaboratori (dei quali peraltro non necessariamente gliene importa poi granché: o ci siamo già dimenticati dei licenziamenti “all’americana” in  quel di Comano?). Stanno difendendo le proprie cadreghe.

Le promesse da marinaio

Seconda panzana (o gruppo di panzane): tutte le promesse, da parte dei vertici SSR/RSI,  di emendarsi se il popolo vorrà mantenere l’anacronistica, eccessiva ed ingiusta tassa pro-SSR. Nelle scorse settimane ne abbiamo sentite che di più non si potrebbe. Peccato che siano le classiche balle di fra’ Luca. L’emittente di regime ha avuto decenni di tempo per correggere la rotta. Non l’ha mai fatto. Ha scelto di  andare avanti “come se niente fudesse”. Di snobbare le critiche con la consueta spocchia. Di continuare a farsi i propri comodi, in un’illusione di intoccabilità.  Nella primavera del 1789, con la rivoluzione francese alle porte, a Versailles si susseguivano feste e balli. A Comano è successa la stessa cosa.

Nel 2015 (votazione sul canone obbligatorio) la TV di Stato venne già stata bocciata dalla metà dei cittadini svizzeri. Oggi come allora, i rimproveri sono gli stessi: inaccettabile imporre di pagare il canone più caro d’Europa anche a chi non vuole o non può consumare, strutture elefantesche, servizio pubblico trasformato in propaganda di regime (filo UE, pro-frontiere spalancate, pro- multikulti; e sempre contro gli odiati “populisti”).

Cosa hanno fatto la SSR ed i suoi politicanti di riferimento per correggere il tiro? Niente!

La posizione della Lega

A chi si sorprende (o finge di farlo) perché  la Lega sostiene il No Billag, è facile rispondere. La posizione del Movimento non è caduta improvvisamente dal cielo. A parte che fu il Nano ad inventare gli aeroplanini col canone Billag, la Lega per un quarto di secolo ha cercato il dialogo con l’emittente. Che naturalmente è stato rifiutato a priori: alla TV di Stato ritengono di avere ragione per definizione. Si sono sempre reputati i detentori della Verità: atteggiamento tipico della gauche-caviar. La Lega ha anche tentato la via di far sentire la propria voce dall’interno dell’ “azienda”, partecipando alle elezioni della CORSI (organo ormai diventato del tutto inutile). Risultato: la partitocrazia, e la RSI stessa, alle assemblee CORSI hanno mobilitato in massa i propri soldatini per sbarrare la strada all’eventuale elezione di odiati populisti. La CORSI e la RSI sono cosa nostra! Giù le mani!

Quando poi un paio di esponenti del Movimento hanno graziosamente ottenuto l’accesso alla CORSI, si sono ritrovati a  fare le foglie di fico. Ed infatti hanno deciso, dopo un po’, di andarsene. Commento del presidente della CORSI Gigio Pedrazzini: “Se ne vanno? Non è importante”. Mancava che aggiungesse: “non aspettavamo altro, finalmente fuori dai santissimi”, ma il senso è chiaro.

Cambiare la RSI dall’interno non è possibile. Semplicemente perché la RSI non è ormai più in grado di cambiare. I malandazzi sono cementificati e strutturali.  Lo scossone deve venire dall’esterno con il No Billag.

Lorenzo Quadri