Nel Ventennio si usava l’olio di ricino. Adesso ci si inventa i reati penali

 

C’è chi, a $inistra, lancia allarmi sulla libertà di stampa minacciata da aziende che avrebbero trovato l’appiglio – in realtà nemmeno poi tanto nuovo – della “concorrenza sleale” per imbavagliare i giornalisti. Sono state promosse anche delle raccolte di firme.

Queste mobilitazioni a sostegno della libertà di stampa sarebbero apprezzabili se non grondassero ipocrisia. Infatti non vogliono affatto difendere la libertà di stampa in quanto principio costituzionale basilare, uno dei fondamenti della nostra democrazia. Vogliono difendere solo la libertà di certa stampa, di un certo colore e che propaganda certe posizioni (multikulti, frontiere spalancate, “devono entrare tutti”, ecc.). Per la stampa che si trova su posizioni opposte, invece, il parametro utilizzato è assai diverso. Esponenti delle stesse cerchie che si ergono ad improvvisati ed improponibili paladini della libertà di stampa invocano – del tutto a sproposito – articoli di codice penale ed interventi della magistratura per mettere a tacere le posizioni sgradite. Addirittura c’è gente che pensa di potersi inventare a piacimento i contenuti del codice penale, secondo la propria convenienza, a scopi censori. Insomma, libertà d’espressione solo per chi la pensa come vogliamo noi. Per gli altri, invece, censura e criminalizzazione.

Questo è un modo violento ed inaccettabile di imporre il pensiero unico del multikulti e delle frontiere spalancate.

E il razzismo degli stranieri?

Le libertà di stampa e d’espressione sono garantite dalla nostra Costituzione; e sono tra i primi valori entrati in tutte le Costituzioni occidentali dalla rivoluzione francese in poi. E’ un dovere civile bloccare sul nascere le iniziative che vogliono calpestare questi diritti fondamentali. Nel Ventennio per mettere a tacere i dissidenti usavano olio di ricino e manganelli. Adesso si inventano le denunce penali “creative” o le petizioni al Consiglio federale (!) per far chiudere i giornali. Di questo degrado bisognerebbe cominciare a parlare.

Come bisognerebbe cominciare a parlare anche del razzismo e della discriminazione nei confronti degli svizzeri, nel loro paese, ad opera di stranieri.

Perché non si segnala al ministero pubblico per discriminazione razziale quelle aziende che pubblicano annunci di lavoro rivolti solo ai frontalieri? E sul razzismo tra comunità straniere, nulla da dire? E sull’antisemitismo di matrice islamica?

L’articolo 261 bis del codice penale, che di recente qualcuno invoca senza evidentemente nemmeno averlo letto, ha una sua storia. E’ nato per combattere la negazione dell’Olocausto e l’antisemitismo.  Quante segnalazioni per violazione dell’articolo 261 bis  hanno presentato i moralisti a senso unico  contro  stranieri, magari in arrivo da altre culture e da paesi lontani? O vuoi vedere che agli immigrati che pretendono di imporci le nostre regole va concesso tutto, anche di essere razzisti ed antisemiti, perché “bisogna aprirsi”?

Denunciamo anche la Confederazione?

La segnalazione al ministero pubblico nei miei confronti (uhhhh, che pagüüüüraaa!) per aver postato su facebook un link ad una notizia che forse era una bufala, è ad un livello ancora inferiore alla pagliacciata. La notizia in questione riguardava una protesta in un centro asilanti italiano. Non appena mi sono reso conto che poteva essere farlocca, l’ho cancellata subito, scusandomi per l’imperizia.  Sulle malefatte dei finti rifugiati con lo smartphone ci sono così tante notizie vere che non c’è proprio bisogno di rincorrere quelle false per chiarire alla gente che questi migranti economici – che a $inistra vorrebbero “far entrare tutti” – sono ben lungi dall’essere tutti brava gente. Del resto le statistiche sul tasso di criminalità degli asilanti pubblicate dalla Confederazione sono impietose.  O vogliamo denunciare anche la Confederazione?

Tentativi intimidatori

Chi si produce in simili “segnalazioni” deve poi aspettarsi delle conseguenze. Il Codice penale è una cosa seria. Non è una specie di pistola giocattolo con cui trastullarsi a sproposito pensando di censurare – o di spingere all’autocensura – chi ha posizioni politiche che non piacciono alle élite spalancatrici di frontiere. O chi pubblica realtà scomode per gli intolleranti adepti dell’ideologia $inistrorsa.

Combattere le idee con le denuncie farlocche e combatterle con i manganelli e l’olio di ricino è esattamente la stessa cosa. Cambia solo il corpo contundente. E’ evidente che né il sottoscritto, e nemmeno il Mattino, mai si piegheranno a questi tentativi intimidatori, che vanno respinti e sbugiardati con la massima fermezza. Ma dove sono adesso i kompagni della gauche caviar che denunciano  a gran voce l’utilizzo, a loro dire abusivo, della “concorrenza sleale” a fini censori? Hanno perso la favella?

Redazioni, attente…

Lunedì, in contemporanea con lo “sgub” (uella!) della mia segnalazione al ministero pubblico per la pubblicazione di un link  ad una notizia forse falsa, si è saputo che l’omicida della discoteca di Gordola, inizialmente indicato come “svizzero”, è in realtà di origine kosovara.

Redazioni attente: tra un po’ i moralisti a senso unico pretenderanno, minacciando denunce penali, che venga tenuta di proposito nascosta la nazionalità o l’origine dei delinquenti. Perché qualcuno possa continuare a ripetere la fregnaccia dell’ “immigrazione uguale ricchezza”.

Chi pensa di zittirci con simili espedienti, non ha capito da che parte sorge il sole. Già che siamo in tema: è chiaro che chiederemo che all’omicida di origine kosovara che ha ammazzato un padre di famiglia senza alcun motivo venga ritirato il passaporto rosso.

Lorenzo Quadri