Il gruppo di lavoro riconosca che l’applicazione del nuovo permesso è controproducente
Negli scorsi giorni si è riunito per la prima volta il gruppo di lavoro, di cui fa parte anche il Beltrasereno, creato dalla ministra di giustizia PLR Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS) per “valutare l’applicazione dello statuto S”.
Come noto detto statuto è stato inventato alla fine degli anni Novanta, a seguito della guerra nell’ex Jugoslavia, ma non era mai stato impiegato prima dell’invasione russa dell’Ucraina.
Poiché lo statuto dura un anno, occorre sapere per tempo come muoversi. In particolare: i permessi S andranno rinnovati alla scadenza? Oppure i profughi ucraini che ancora saranno in Svizzera verranno parificati agli altri asilanti e quindi non disporranno più di una posizione privilegiata?
Presupposti sballati
Se il governicchio federale crea un gruppo di valutazione, vuol dire che qualcosa ciurla nel manico. Altrimenti non l’avrebbe istituito.
Certo è che la concessione del permesso S ai profughi ucraini si èfondata su un presupposto sballato; lo stesso che ha spinto un buon numero di cittadini ad accogliere rifugiati in casa propria. Ossia, che la guerra in Ucraina sarebbe durata poco, che la comunità internazionale avrebbe trovato il modo per far tacere le armi e che nel giro di qualche settimana, al massimo di qualchemese, gli sfollati sarebbero potuti rientrare nel proprio Paese. Niente di tutto questo è successo. La comunità internazionale sul fuoco non ha gettato acqua, bensì benzina. E di pace non parlaormai più nessuno. Al massimo si disquisisce sulla spartizione degli appalti (vedi conferenza-ciofeca di Lugano).
Il permesso S è poi stato farcito di privilegi extra, comel’abbonamento generale gratuito per il trasporto pubblico (nel frattempo decaduto).
Simili derive assistenzialiste sono il frutto, oltre che dell’ingannevole convinzione che una guerra tradizionale in Europa “non potesse” durare, dell’ondata emotiva che ha caratterizzato le prime fasi del conflitto. Ma le crisi non si gestiscono con l’emotività.
Istigazione a restare
Ben presto i nodi sono venuti al pettine. Il permesso S eroga sussidi anche a chi non ne ha bisogno, vedi i profughi in Maserati. Non è tollerabile che questa situazione si prolunghi nel tempo. Non solo: la gestione “privata” dell’immigrazione da parte di associazioni di cittadini ucraini ha portato ad una perdita di controllo sul territorio. Poiché i profughi sono liberi di muoversi nello spazio Schengen, poco ma sicuro che ce ne sono di quelli che hanno già lasciato il nostro Paese, ma che continuano a percepire i sussidi elvetici.
Inoltre lo statuto S comprende sia il ricongiungimento familiare che la possibilità di lavorare in Svizzera (ovviamente a scapito dei lavoratori residenti). Queste facoltà di certo non spingono il profugo al rimpatrio; ottengono l’effetto esattamente contrario: quello di istigarlo a rimanere qui e a farsi raggiungere dai parenti. Qualcuno vuole forse la bomba demografica?
Lo vogliono tutti
In più, gli immigrazionisti si sono ben presto messi a strillare alla disparità di trattamento, pretendendo la concessione del permesso S a tutti gli asilanti.
Ribadiamo: lo scopo del diritto d’asilo è protezione, non immigrazione. Ma, per l’ennesima volta, lo scopo è stato travisato. Intanto i governi più guerrafondai, vedi gli USA del RimbamBiden e la Gran Bretagna, ben si guardano dall’accogliere profughi. Non è normale che la Svizzera, paese in teoria neutrale, paghi per la guerra in Ucraina un conto addirittura più alto di chi quel conflitto lo fomenta per tornaconto proprio.
Escludere il bis
Il neo-istituito gruppo di lavoro deve avere il coraggio di riconoscere che il bilancio dello Statuto S è negativo. Perché, appunto, la sua concessione si basava su previsioni clamorosamente errate. Del resto si è trattato di una prima applicazione pratica. Non è andata bene. Può capitare. Di conseguenza lo Statuto S, così come è stato creato, va semplicemente abrogato.
Questo per evitare da un lato di perpetrare nel tempo privilegi iniqui che suscitano crescente malcontento tra la popolazione svizzera che tira sempre più la cinghia. E, dall’altro, per essere sicuri che in futuro il governicchio federale non incorrerà nella medesima cappellata, cedendo alla pressione dell’emotività e del ricatto morale. Fattori di cui un governante all’altezza del ruolo dovrebbe farsi un baffo: ma purtroppo non è questa la condizione dei camerieri bernesi di Bruxelles.
E’ fondamentale evitare di creare un precedente. Come recita il noto proverbio: “errare è umano, perseverare diabolico”.
Lorenzo Quadri