La campagna elettorale per le federali è già iniziata. Lo dimostrano i tentativi di sfruttare a scopo – per l’appunto -elettorale la tragedia di Oslo e dell’isola di Utoya. I maestri del “politically correct” approfittano senza ritegno di decine di morti (ma la Norvegia è lontana, e allora “si può”) per demonizzare la controparte, che essi intendono sempre come il nemico da abbattere: ennesima dimostrazione di come la “correttezza politica” sia a senso unico.
E così ecco nascere una fantomatica “destra nazionalista internazionale”, già di per sé una contraddizione in termini. Una fantomatica “destra nazionalista internazionale” ritenuta colpevole di intolleranza, odio, razzismo e di ogni altra nefandezza possibile ed immaginabile (allo sterminato elenco delle presunte malefatte mancano solo l’abigeato e l’alitosi, ma non tarderanno ad arrivare).
E su questa fantomatica “destra nazionalista internazionale” accusata di intolleranza, di odio e di razzismo, la sinistra “buonista” (?) scarica, ma guarda un po’, camionate di intolleranza, di odio e di razzismo. Ovviamente in chiave elettorale.
Certa sinistra (alle nostre latitudini tutta) non ha ancora digerito il fallimento, peraltro ammesso anche da Angela Merkel e da David Cameron, di politiche migratorie scriteriate, orientate all’accoglienza illimitata ed incondizionata di qualsiasi persona in arrivo da paesi stranieri vicini e lontani. Nell’illusione di poter allegramente ignorare ogni differenza ed ostilità di cultura, di identità, di religione, di usi e costumi, di volontà lavorativa, e così via. Va da sé che i costi – economici, sociali e di qualità di vita – di tali politiche vengono poi scaricati sulla popolazione “indigena”. La quale non può far altro che conformarsi, e chi si azzarda a protestare diventa automaticamente razzista.
E così ecco che chi osa denunciare questo stato di cose e le sue conseguenze viene dipinto come la fonte di tutti i mali. I nostrani maître à penser, abituati a volare alti nelle loro elucubrazioni, nel caso concreto precipitano miseramente, approfittando senza remore della tragedia norvegese.
Parlano, costoro, di “campagna d’odio”; ed infatti una campagna d’odio c’è: la loro. Una campagna d’odio messa in atto da una sinistra che si illude forse, in questo modo, di potersi vendicare sul “nemico” (razzista, fascista, populista, xenofobo, e via farneticando) dei propri ripetuti insuccessi elettorali. Insuccessi imputabili ad una manifesta perdita di contatto con i problemi e le esigenze della cosiddetta “base”, e alla pretesa di imporre al cittadino scelte ideologiche lontane dalle realtà.
Davanti alla tragedia di Oslo, i politici avrebbero dovuto fare una sola cosa: tacere. Non l’hanno saputo fare – anche perché sfruttando drammi come questo è facile, fin troppo facile, ottenere audience – e ne è nato un festival delle strumentalizzazioni di cui si sarebbe volentieri fatto a meno.
Strumentalizzazione per strumentalizzazione, allora accusare le politiche migratorie norvegesi di essere la vera causa del dramma, come pure qualcuno ha fatto (attirandosi il disdoro universale), non è più squallido che tentare di attribuire la medesima colpa alla destra.
La campagna denigratoria di sinistra, incentrata sul solito trito cliché della “destra razzista” con cui ad ogni pie’ sospinto certuni tentano di imbavagliare il “nemico”, non porterà comunque lontano. Politiche migratorie sballate hanno provocato e provocano gravi problemi economici e sociali anche da noi. La correzione di queste politiche fallimentari è una priorità. Il problema sono queste politiche; tentare invece di demonizzare chi le contesta, allo scopo di sviare l’attenzione dal nocciolo della questione, è un vecchio trucchetto, che però funziona sempre meno. Lo dimostra il fatto che i fautori di queste “visioni” si sono spinti fino a sfruttare una tragedia per denigrare l’avversario politico, ossia il “nemico da abbattere”. Simili squallidi espedienti non cambiano la realtà. Sono però utili a strappare qualche velo sui “politicamente corretti” che non si fanno problemi a strumentalizzare, in funzione elettorale, drammi che avrebbero meritato maggior rispetto. Drammi che, nei loro abissi, sono lontani anni luce dalla politichetta pre-elettorale.
Lorenzo Quadri