E’ notizia di giorni scorsi che all’Ospedale civico di Lugano è stata creata una stanza di isolamento per l’ebola.
Ma guarda un po’, direbbe qualcuno. Non sono certo passati secoli da quando un medico cantonale, il “nostro”, ci aveva assicurato che non c’era nessun rischio di contagio alle nostre latitudini; ma quando mai.
Nella vicina Penisola, grazie alla fallimentare ed autolesionistica operazione Mare nostrum, e grazie all’influenza sciagurata della $inistra spalancatrice di frontiere, i clandestini sbarcano a migliaia al giorno. In passato l’Italia adottava una politica di respingimento simile a quelle della Spagna e della Grecia. Poi il vento è cambiato. Ovviamente in peggio. Con l’operazione Mare Nostrum il Belpaese è diventato, volontariamente, “il ventre molle dell’Europa in materia di immigrazione”: lo ha scritto il Washington Post, non il Mattino della domenica.
Le conseguenze, è ovvio, non si limitano al Belpaese. Le scontano anche le nazioni confinanti, a cominciare dalla nostra. Altro che “dobbiamo aiutare l’Italia” come ama pappagallare la ministra di Giustizia kompagna Simonetta Sommaruga, la quale evidentemente condivide quelle politiche di “apertura” che hanno fatto dell’Italia il “ventre molle”. Roma cominci a cambiare rotta; poi ne riparliamo.
Spalmati sul territorio
Come noto, ed ammesso anche pubblicamente, il Belpaese non registra i finti rifugiati per non doverseli poi riprendere nel caso in cui questi ultimi presentassero domanda d’asilo in un altro Stato firmatario degli accordi di Dublino. Questo evidentemente favorisce la mobilità: si tratta infatti di un invito a smammare altrove.
Non per nulla i clandestini vengono semplicemente scaricati a centinaia alla stazione di Milano. Che non è lontanissima dai nostri confini. (ed infatti uno degli imbarazzanti progetti che il Consiglio di Stato vorrebbe far finanziare dal contribuente col credito da 3.5 milioni per expo 2015 si chiama proprio “all’expo in bicicletta”).
Visto che arrivano clandestini da paesi in cui imperversano ebola e tubercolosi, non si può ragionevolmente immaginare che gli sbarchi di massa in Italia con relativa “spalmatura” degli asilanti sul territorio europeo non comporti, tra l’altro, anche dei problemi sanitari. Che in Italia sono una realtà. Il governo per nascondere la verità – e prendere per i fondelli i cittadini – deve ricorrere a dozzinali giochetti semantici: ci si trastulla con l’equivoco tra “militari” e “poliziotti”; con i distinguo tra “malati” e “contagiati”.
Presto in Ticino…
E’ evidente che la questione sanitaria già attuale a Milano interesserà ben presto anche il Ticino. Se così non fosse, non si spiegherebbe l’investimento dell’ente ospedaliero (e nümm a pagum) per la creazione di una camera d’isolamento per l’ebola. Sarebbe uno spreco di soldi pubblici. Del resto il “modus operandi” è sempre lo stesso. Il paradigma è quello standard della presa per il “naso”. Prima si dice che non c’è rischio. Poi si cominciano a preparare strutture apposite perché, ci mancherebbe, il rischio è irrisorio, “ma non si sa mai”. Poi arriva il contagio.
Chiudere le frontiere
Intanto la Simonetta “dobbiamo aiutare l’Italia” Sommaruga impone nuovi centri di registrazione ai Comuni (vedi Losone). La Legge federale ha dato alla Confederazione gli strumenti per obbligare i Comuni ad accettare simili strutture sul loro territorio. Anche perché, in caso contrario, non le vorrebbe nessuno. Nemmeno quegli enti locali con maggioranze di $inistra, che predicano l’accoglienza – ma rigorosamente in casa d’altri. Nel frattempo anche in paesi non confinanti con la Penisola, segnatamente in Germania, si parla di chiudere le frontiere. Ma da noi guai: eresia! Populismo! Razzismo! Dobbiamo aiutare l’Italia (in cambio di cosa?).
Lorenzo Quadri