Il governicchio federale sottoscrive trattati nell’interesse del Ticino o “tanto per”?

Adesso il Belpaese vorrebbe farci credere di essere pronto ad accettare il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Sul tema si disquisisce dal lontano 2015. Senza ovviamente venirne ad una.

Il Consiglio dei ministri italiano ha approvato il disegno di legge per la ratifica dell’intesa siglata un anno fa. Il documento dovràperò passare al vaglio delle Camere. E se qualcuno crede che – come racconta il kompagno senatore PD di turno dalle colonne del Corriere del Ticino di ieri – filerà tutto liscio come una lettera alla Posta (quella dei tempi d’oro), farà meglio a scendere dal pero.

Negli ultimi sei anni non è certo la prima volta che dal governo italico (nel frattempo ne sono cambiati parecchi) arrivano segnali  o anche decisioni concilianti. Ma poco dopo dalla politica scatta il “contrordine compagni: abbiamo scherzato!

Atto di fede?

Alla promessa (?) ratifica definitiva nel corso del 2022 del nuovo accordo ci crediamo poco. Come noto, esso dovrebbe fare pagare più imposte ai nuovi frontalieri, quelli che staccano il permesso G dopo il 2023. E si sa che il tema dell’aggravio fiscale viene cavalcato politicamente – ed avversato – da tutte le forze politiche del Belpaese: da destra a $inistra.

Dal 2034 verrebbero inoltre a cadere anche i famigerati ristorni. A compensazione delle minori entrate, il governo di Roma ha promesso l’istituzione di un fondo (?) ai Comuni attualmente beneficiari della manna ticinese. Ohibò. Un conto sono gli svizzerotti fessi che sborsano fino all’ultimo centesimo anche quando avrebbero tutti i motivi per non farlo. Ben altro è bersi lepromesse di pagamento di Roma. C’è da ritenere che i Comuni della fascia di confine non saranno poi così propensi all’atto di fede.

Campa cavallo

Anche da parte elvetica, sulla bontà del nuovo accordo permane più di un dubbio (eufemismo). Come detto, solo i frontalieri assunti dopo il 2023 sottostarebbero al nuovo regime. Già adesso in questo sfigatissimo Cantone ci sono 75mila frontalieri. Costorosaranno tassati fino alla pensione secondo le regole odierne. Le nuove aliquote varranno, e questo per tanti anni, solo per un’esigua minoranza: ovvero le “new entry”. Quindi per vedere il famoso “effetto antidumping salariale” legato alla fiscalità accresciuta… campa cavallo! In più potrebbe scatenarsi la corsa all’assunzione del frontaliere finché dura il regime attuale.

Pagheremo di più

I famosi ristorni rimarrebbero in essere fino all’anno fiscale 2033. A botte di cento milioni all’anno, i conti sono presto fatti.

Peggio: l’aliquota fino al 2033 salirà al 40%. Attualmente è al 38.8%. Dunque, per una dozzina d’anni, pagheremmo addirittura di più! E per credere che una decisione del Belpaese presa oggi avrà ancora validità nel 2033 bisogna essere un tantinello ingenui. Ora di là, quanti governi saranno cambiati a Roma? E stiamo parlando dei politicanti italici, più furbi che belli. Mica degli svizzerotti che si fanno menare per il naso da tutti!

Auto-evirazione

Berna dei ticinesi se ne impipa: non lo scopriamo oggi. Basti pensare alle recenti farneticazioni della Consigliera federale PLRKarin Keller Sutter (Ka-Ka-eS) sul “Ticino vittima del suo successo” in relazione all’invasione da sud.

Alla Confederella interessa firmare accordi tanto per dire di aver fatto i compiti. Se poi nel concreto l’accordo è una ciofeca, se non tutela gli interessi del Ticino, chissenefrega! Tanto questo sfigatissimo Cantone è già stato ridotto a colonia della Lombardia tramite la devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia.

Invece di farsi portare a spasso da promesse italiche e sottoscrivere trattati al ribasso, un paese con gli attributi avrebbe disdetto la famigerata Convenzione del 1974, con conseguente azzeramento dei ristorni, per poi trattare da una posizione di forza. Invece e come al solito si preferisce la via dell’auto-evirazione. Col risultato di portare a casa, forse, le briciole. I vicini a sud se la ridono a bocca larga.

Il sospetto

Il sospetto è che a Berna interessi soprattutto eliminare i ristorni; anche in cambio di un piatto di lenticchie. Lo scopo dell’esercizio non è lasciare più soldi al Ticino. E’  evitare che un domani ad un qualche governicchio cantonale venga in mente di bloccare i pagamenti un’altra volta – è improbabile, ma non si sa mai… – mettendo in “imbarazz, tremend imbarazz” i neghittosi burocrati federali.

Lorenzo Quadri