Si può prenderla da qualsiasi parte si vuole, ma la ministra del 5% rimane irrecuperabile. Ne ha dato l’ennesima dimostrazione all’ora delle domande del Consiglio nazionale lo scorso lunedì. In quell’occasione la Consigliera federale non eletta si è prodotta in due delle sue performance che ben dimostrano che costei, oltre a tutti i disastri fatti sulla piazza finanziaria, o del Ticino se ne frega, oppure proprio non capisce. Quindi, da mandare a casa subito.
Prima performance
Domanda del sottoscritto che chiedeva lumi sulla visita lampo nel nostro Cantone il 25 febbraio: visita che Widmer Puffo non ha sentito il bisogno di prolungare rispetto a quanto concordato svariate settimane prima. Ciò malgrado il “fatto nuovo”, ossia l’esito della votazione del 9 febbraio. Evidentemente, il Ticino ed i ticinesi non valgono più di un paio d’ore (viaggio compreso) del prezioso tempo di Widmer Schlumpf, peraltro pagato dai cittadini elvetici (i quali sono i datori di lavoro di codesta signora, anche se la diretta interessata, a quanto pare, pensa di essere alle dipendenze degli eurobalivi).
Risposta della ministra del 5%: Non conta la durata degli incontri ma la qualità (uella, che dichiarazione ad effetto!) ed inoltre ci sono anche altri gremi in cui discutere con Berna i problemi del Ticino (ma va? Peccato che dietro ci sia sempre lei…). Mancava solo di citare un paio di scintillanti aforismi del tipo “rosso di sera bel tempo si spera” e “chi tondo è nato non muore quadrato” poi la risposta della consigliera federale sarebbe stata pronta per la pubblicazione nel calendario di Frate Indovino. Spieghi allora la ministra quali interventi di qualità avrebbe tenuto in poco più di un’oretta, oltre a dichiarare che l’accordo sui ristorni delle imposte alla fonte non si disdice. Non molti, evidentemente, visto che Madame si è pure rifiutata di parlare con la stampa: si vede che non aveva poi una gran “qualità” da presentare.
Seconda Performarce
All’interrogazione del Consigliere nazionale PPD Marco Romano, Widmer Schlumpf ribadisce che non si può disdire la convenzione con l’Italia sui ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri del 1974. Eppure anche i sassi ormai sanno che tale convenzione è platealmente svantaggiosa per il Ticino e che non ha più alcuna ragione di esistere, non essendone più dati i presupposti fondanti. Secondo Widmer Schlumpf infatti la disdetta “non si può fare” (citazione di Laura Sadis?) poiché comporterebbe anche la decadenza dell’accordo di doppia imposizione con la vicina ed ex amica Penisola. Questa è un’argomentazione da leguleio, fornita da qualche funzionario federale che vive nel suo mondo di scartoffie lontano anni luce dalla realtà, e la cui veridicità è ancora tutta da dimostrare: l’Italia non ha alcun interesse a far saltare l’accordo di doppia imposizione. Avrebbe invece tutto l’interesse a disdire la convenzione sui ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri. Infatti avrebbe la scusa per introdurre, finalmente, un sistema fiscale equo: e non improntato allo sfacciato favoreggiamento dei frontalieri nei confronti dei loro connazionali che lavorano in patria.
Sul fronte ticinese, la disdetta dell’accordo del 1974 è una carta importante sia per incassare più imposte (una sessantina di milioni di Fr all’anno extra per il nostro Cantone) che in funzione antidumping. Ma la ministra del 5% si rifiuta di provvedere malgrado le esortazioni giunte dal Ticino, che su questo punto è compatto.
Il comportamento di Widmer Schlumpf dimostra:
– Incapacità di trattare con l’Italia
– Ignoranza della situazione
– Mentalità da leguleia.
Un cocktail micidiale che lascia presagire esiti deleteri delle trattative con il Belpaese.
Morale della favola: vista la situazione, il blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri è una carta che il Ticino DEVE giocare. E subito.
Lorenzo Quadri