Come noto, anche il padiglione svizzero è coinvolto nell’affare mazzette di Expo2015. Il cantiere dell’esposizione milanese è gestito secondo le logiche da prima Repubblica italiana. Il che emerge chiaramente dalle intercettazioni ambientali effettuate dalla Guardia di Finanza, in cui le persone registrate se lo dicono tra loro senza mezzi termini: visto che siamo della prima Repubblica ci intendiamo.
Tuttavia sul padiglione svizzero è emerso anche un altro interrogativo inquietante, che è stato tra l’altro oggetto di un’interpellanza al Consiglio federale presentata da chi scrive (naturalmente i media di regime hanno pensato bene di non fare un cip: l’interpellante non è del partito giusto).

Misteriosi cambiamenti?
“Gli è che”, mentre il Consiglio di Stato a maggioranza decide di aggirare i diritti democratici pur di rendersi gradito alla vicina ed ex amica Penisola, con cui siamo in guerra economica – perché, nel caso non si fosse ancora capito, di nazioni amiche non ce ne sono – pare che per la costruzione del padiglione svizzero  si intenda snobbare il legno svizzero.
Risulta infatti che uno studio di architettura argoviese abbia ricevuto il mandato di progettare il padiglione elvetico e che, in gennaio, ci sia stata una riunione al Dipartimento federale affari esteri per scegliere l’impresa generale che avrebbe realizzato la struttura.
Il progetto iniziale prevedeva  che il padiglione venisse interamente realizzato in legno svizzero, comprese le fondamenta. Alla fine dell’esposizione, in base al principio della sostenibilità – che dovrebbe essere il leitmotiv dell’evento – il materiale utilizzato avrebbe dovuto venire riciclato nella costruzione di alloggi nella regione di Ginevra. In questo modo si sarebbe minimizzato l’impatto ambientale. E si sarebbero pure recuperate centinaia di migliaia di Fr.
Eppure si cinguetta che il progetto sia stato sensibilmente modificato, senza che se ne capisca il perché; ma soprattutto, che sia stato abbandonato il legno svizzero. Sarebbe il massimo: con il consueto servilismo e l’abituale credulità spinta oltre ogni limite la Svizzera ha entusiasticamente aderito ad Expo 2015. Un’adesione che oltretutto non tiene conto dei difficili (eufemismo) rapporti tra il Ticino e l’ Italia. Colmo dei colmi, il presidente di turno della Confederazione Didier Burkhalter, PLR, quello del “dobbiamo aprirci all’UE” (mentre, va da sé, l’UE può continuare a trattarci a pesci in faccia, perché le braghe le caliamo solo noi) ed il suo degno compare $ocialista Alain Berset si permettono di esercitare pressioni sul Ticino perché aggiri la volontà popolare e partecipi comunque ad Expo a costo di utilizzare soldi pubblici in barba ai diritti popolari.

Amici degli amici?
La Svizzera si affretta a sostenere l’expo ma – se i quesiti sollevati all’indirizzo del Consiglio federale risultassero confermati – rinuncerebbe addirittura al legno svizzero. Padiglione svizzero senza legno nostrano: non sta né in cielo né in terra. Perché si arriva a questo punto? Su richiesta di chi?
Vuoi vedere che qualche onestissimo expo-organizzatore d’oltreconfine, magari adducendo le consuete panzane tecniche, ha imposto la sostituzione del legno svizzero con materiale fornito dagli amici degli amici (per la serie: l’impresa del cugino) e gli svizzerotti fessi, quelli che continuano a dare fiducia alla vicina Penisola malgrado le liste nere illegali, malgrado i lavori ferroviari incompiuti, malgrado la pletora di promesse non mantenute, ci sono cascati per l’ennesima volta? Ricordiamo che, davanti al Consiglio nazionale, il PLR Burkhalter (quello del “dobbiamo aprirci all’UE”)  proprio in relazione ad expo 2015 ha detto a chiare lettere che lui dell’Italia si fida. Contento lui…
Lorenzo Quadri