Alla ministra del 5% Widmer Schlumpf non basta causare migliaia di disoccupati in Ticino tramite la distruzione della piazza finanziaria, che, per il  nostro Cantone, è una delle principali risorse.
La ministra del 5% si sta  infatti impegnando anche nel sabotaggio dell’imprenditoria ticinese.
La Sezione della logistica della Confederazione – che dipende da lei e che, evidentemente, presenta delle analogie con la sezione della Logistica del DFE – continua imperterrita a fare quanto in proprio potere per tagliar fuori gli operatori italofoni dai bandi di concorso federali, ciò in violazione della legge. Evidentemente per la ministra del 5% il rispetto pedissequo di cavilli e lacciuoli vale solo quando si tratta di capitolare davanti agli eurobalivi falliti o ai padroni yankee in materia di libera circolazione delle persone e/o di segreto bancario.
In sostanza, il bando di concorso per il padiglione svizzero di Expo 2015 (ammesso e non concesso che si farà, e se sì che si farà nel 2015 e non nel 2025, ma questo è un altro discorso) è stato preparato in modo tale da tagliare fuori le aziende ticinesi.
Infatti:
–    la procedura di aggiudicazione viene svolta unicamente in tedesco;
–    i criteri di aggiudicazione per l’impresa generale chiedono un’azienda che abbia realizzato quattro progetti simili all’incarico previsto (in particolare realizzazioni all’estero e installazioni espositive) negli ultimi 5 anni.
Fissare criteri come quelli testé indicati significa restringere la scelta ad un massimo di due o tre grandi imprese.
L’ipocrisia del Consiglio federale emerge qui in modo plateale.
Circa un mesetto fa, i signori di Presenza Svizzera si sono degnati di arrivare al Palazzo dei Congressi di Lugano per invitare le Piccole e medie imprese ticinesi a partecipare ai concorsi per il padiglione svizzero di expo.
Adesso ecco che compare, grazie alla logistica del DFE quindi alla ministra del 5%, un bando di concorso che taglia fuori (con i requisiti) le piccole e medie imprese e, con la procedura di aggiudicazione in tedesco, discrimina i ticinesi. Una vergogna!
Bene ha fatto la società impresari costruttori (SSIC-Ti) ad insorgere contro l’ennesima presa per i fondelli del nostro Cantone, sollecitando un intervento politico. Un invito che la Deputazione ticinese alle Camere federali ha raccolto, infatti si è già mossa.
Il menefreghismo nei confronti dell’italiano e quindi degli operatori economici ticinesi, grazie alla ministra del 5%, è ormai una costante nella Logistica della Confederazione. La quale si è di recente già fatta bacchettare per il restauro di Villa Maraini a Roma, con incarto solo in francese ed in tedesco. Widmer Schlumpf a denti stretti davanti al Parlamento aveva dovuto ammettere l’errore. Si trattava però dell’ennesima ipocrisia. L’errore in questione è tutt’altro che involontario: viene ripetuto ad oltranza. Senza alcuna remora. Oltretutto il problema è anche legale. Infatti l’art. 24 cpv. 3 della Legge sugli appalti pubblici prevede che “nell’ambito di progetti di costruzione, il bando di concorso e l’aggiudicazione avvengono almeno nella lingua ufficiale del luogo della costruzione”.
Ecco la considerazione in cui la ministra del 5%, che vuole sfasciare la nostra piazza finanziaria, tiene l’economia ticinese.
Per quel che riguarda il bistrattamento dell’italiano con l’obiettivo, nemmeno tanto nascosto, di avvantaggiare imprese della Svizzera tedesca e meglio ancora della zona di Berna che, per la serie “ma tu guarda i casi della vita”, si portano a casa il maggior numero di appalti federali, la Deputazione ticinese alle Camere federali ha comunque adottato, già da qualche tempo, la seguente linea di condotta: per ogni caso “padiglione expo” che si verifica, scatta l’atto parlamentare.
Lorenzo Quadri