In pochi anni, il numero delle notifiche della durata di meno di tre mesi presentate da padroncini, distaccati e aziende italiane che entrano in Ticino a prestare la propria opera, è passato da 7-8 mila all’anno alle 15’300 registrate nel 2011. Queste 15’300 notifiche hanno destato parecchia, e giustificata, preoccupazione.

Ma i primi dati del 2012 risultano ancora più allarmanti. Infatti i primi sei mesi dell’anno in corso hanno fatto conteggiare (dall’Associazione interprofessionale di controllo) 11mila notifiche. Contro le 9700 dello stesso periodo dell’anno precedente. Lo rivela l’edizione odierna del Mattino della domenica.

Quindi, a fine anno e tirando le somme, potremmo tranquillamente ritrovarci con 18-20mila notifiche. Senza che l’economia, ed in particolare il settore edile ticinese, dimostri una crescita tale da giustificare simili numeri.

E’ quindi sempre più urgente, oltre ad un miglioramento dei controlli, mettere subito in campo delle misure anche di tipo burocratico, che rendano meno semplice l’entrata in Svizzera per i citati operatori in arrivo dalla vicina Penisola.
Ciò anche in considerazione del fatto che l’Italia, nella pratica, appoggiandosi alla propria burocrazia in ottica protezionistica a tutela del mercato del lavoro interno, non concede la reciprocità alle aziende ticinese, tali e tanti sono gli ostacoli posti sul cammino di chi volesse avventurarsi sul mercato italiano.
L’utilizzo della burocrazia a tutela di artigiani ed aziende ticinesi, sull’esempio di paesi a noi confinanti, deve essere il primo passo nell’attesa di opportune misure di tipo legale, volte al contenimento dell’insostenibile crescita delle notifiche, e del necessario potenziamento dei mezzi a disposizione per i controlli.

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi