Mentre a livello federale l’indagine Vimentis rivela che la maggioranza degli intervistati è insoddisfatta dell’accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone – il 43% degli Svizzeri vorrebbe rinegoziare l’accordo, il 36% mantenerlo, il 16% disdirlo, mentre il 5% non esprime un’opinione – dall’Ufficio del lavoro del DFE giunge una notizia allarmante. Ossia che nell’anno 2011 gli artigiani italiani hanno svolto in Ticino 628mila giornate lavorative. Una cifra da far accapponare la pelle.

 

Giornate lavorative

Queste 628mila giornate lavorative sono il frutto delle oltre 15’300 notifiche di lavoro di breve durata inoltrate da padroncini, artigiani, distaccati UE in Ticino lo scorso anno. Da notare che nel 2010 erano il 30% in meno. Da notare pure che quelli indicati sono i dati ufficiali: quelli reali sono ben più elevati. Secondo gli Accordi bilaterali, questi operatori economici UE possono lavorare in Ticino fino a 90 giorni senza bisogno di alcun permesso, ma semplicemente notificandosi. La notifica può avvenire addirittura tramite e-mail: quando si dice stendere il tappeto rosso…

 

Esplosione ingiustificata

L’evoluzione dell’economia ticinese non giustifica affatto una simile esplosione dei “notificati”. E nemmeno si può venire a raccontare la storiella che costoro sarebbero specialisti che non si trovano in Ticino. Lo scorso anno abbiamo potuto dare un’occhiata di sfroso alla lista dei lavori svolti da questi  “notificati”. Ebbene si trattava di opere di giardiniere, di montaggio mobili, di posa piastrelle. Lavori per cui di sicuro l’offerta ticinese non manca.

Degno di nota poi il fatto che tra chi si era rivolto ad artigiani d’Oltreconfine ci fossero i nomi di noti esponenti dei partiti $torici. Quando si dice “dare l’esempio”…

 

Mezzo miliardo perso

L’informazione recentemente partorita dall’Ufficio del lavoro è molto importante. Tant’è che da queste colonne l’avevamo richiesta già da mesi. 628mila giornate lavorative, immaginando – e non è una stima fuori di testa – che una giornata di lavoro abbia un valore di 800 Fr – equivalgono a mezzo miliardo di franchi di cifra d’affari.

Ciò significa che, solo nell’anno 2011, una cifra d’affari di mezzo miliardo è andata persa all’economia ticinese, a beneficio di quella d’Oltreconfine.

Per quel che riguarda il genere di lavoro svolto ed i committenti, non c’è motivo di credere che la situazione sia diversa rispetto al 2010.

 

Residenti soppiantati

Poiché questi padroncini fanno quello che vogliono, e le tasse e gli oneri sociali non li pagano (anche perché mettersi in regola con il fisco predatorio della Vicina Penisola significa andare incontro alla rovina), essi possono proporsi a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli necessari alla concorrenza ticinese che vive in Ticino. Controllare tutti i cantieri è impossibile. Anche perché molti sono in ambienti interni (verniciatura, falegnameria) e dall’esterno mica si vedono.

Naturalmente il prezzo inferiore proposto dagli artigiani notificati comporta anche una componente di rischio. Se a lavoro finito sorgono dei problemi, andare a ripescare il padroncino d’oltreconfine non è certo uno scherzo. Ma l’esplosione del numero delle notifiche testimonia che, a quanto pare, in genere si reputa che il santo valga la candela.

Le cifre ufficiali, inferiori a quelle reali, dimostrano che una simile incondizionata – e tutt’altro che reciproca – libertà d’accesso di operatori italiani al bacino Ticinese porta alla catastrofe. Perché, come nel caso dei frontalieri “classici”, anche qui chi arriva da Oltreconfine lavora al posto dei residenti. I contingenti si fanno sempre più urgenti.