I kompagni si oppongono ferocemente alla Tredicesima AVS ai “noss vecc”, dicendo che non è sostenibile. Invece i regali stratosferici ai frontalieri lo sono?
Secondo gli ultimi dati a disposizione, riferiti al 2012, in Ticino praticamente la metà dei lavoratori è straniero. Ovvero, 102mila su un totale di 220 mila occupati. A queste cifre vanno poi aggiunti i padroncini ed i distaccati (il cui numero notoriamente cresce in maniera esponenziale).
E’ quindi evidente la necessità e l’urgenza di dare la priorità ai residenti nella ricerca di un impiego. Concetti che sono stati ben evidenziati dai cittadini nella votazione del 9 febbraio scorso. A maggior ragione se si pensa ad un altro dato allarmante. Ossia che nella provincia di Varese, quindi non a Reggio Calabria, quasi un giovane su due non ha lavoro. Questo rende evidente la pressione cui è sottoposto il mercato del lavoro ticinese. Pressione che di certo non diminuirà spontaneamente; semmai proprio il contrario. L’Italia è infatti in recessione ormai da anni. E all’orizzonte non si vede alcuna inversione di tendenza.
Le conseguenze di questa situazione sul mercato del lavoro emergono anche dai dati di una ricerca effettuata dal TagesAnzeiger da cui risulta che il reddito medio in Ticino negli ultimi 7 anni è aumentato solo dello 0.17%. In altre parole, non è aumentato. E ricordiamoci che stiamo parlando di medie. Quindi a fronte di chi – magari pochi manager – si è visto aumentare il salario, altri (forse molti) hanno registrato una perdita secca.
A questo mancato aumento fa fronte, invece, un rincaro che c’è stato eccome: pensiamo solo agli aumenti – ingiustificati – dei premi di cassa malati.
Quindi, i ticinesi sono diventati piĂą poveri. Quindi ancora, il dumping salariale esiste.
Fisco
Perché il deleterio fenomeno della sostituzione dei lavoratori residenti con stranieri venga arginato, occorre prima di tutto mettere in vigore il contingentamento dei frontalieri votato dal popolo il 9 febbraio. E metterlo in vigore non è affatto una libera scelta o un atto di cortesia o peggio ancora un’elemosina, bensì un obbligo. Da due mesi infatti il contingentamento, anche e soprattutto dei frontalieri, è iscritto nella Costituzione federale. Quindi deve essere applicato. Senza tanti se né ma.
Naturalmente occorre anche diminuire l’attrattività del Ticino per i frontalieri. Questo vuol dire che occorre far sì che lavorare in Ticino e vivere in Italia diventi meno economicamente vantaggioso di quanto non sia ora. Il primo campo d’intervento è quello della fiscalità . Ovvero aumentare le imposte gravanti sui frontalieri, portandole al livello di quelle dei cittadini italiani che lavorano in Italia.
Problema non risolto
E’ allora evidente che, in un quadro del genere, l’introduzione di un salario minimo di 4000 Fr al mese per tutti ed in ogni ambito professionale, sarebbe deleterio. Costituirebbe un regalo ingiustificato ai frontalieri. Una coppia di frontalieri, infatti, porterebbe a casa 8000 Fr grazie agli svizzeri! Ma intanto ai nostri anziani i $inistri sostenitori dei salari minimi negano la Tredicesima AVS per non dar ragione alla Lega.
Ma come: per i kompagni un piccolo gesto di generosità nei confronti dei “noss vecc” è economicamente insostenibile, mentre un gigantesco regalo ai frontalieri, completamente ingiustificato, lo è?
Quando il Consiglio di Stato ha fissato il minimo di 3000 Fr mensili in tre contratti normali di lavoro, in Lombardia è stato il giubilo. “L’Eldorado”, titolava il Corriere di Como, pubblicando a tutta pagina, in prima, la riproduzione di tre biglietti da 1000 Fr. Immaginiamoci allora cosa succederebbe con 4000 Fr per tutti. Altro che assalto alla diligenza ticinese.
Il salario minimo non risolve affatto i problemi occupazionali del Ticino e nemmeno il dumping salariale. Servirebbe solo ad aumentare la nostra attrattività per i nuovi frontalieri e ad arricchire oltre misura quelli già esistenti. Dov’è il vantaggio per i ticinesi? Semplice, non c’è.
Lorenzo Quadri